Regia di François Truffaut vedi scheda film
Truffaut ha fatto di meglio, ma se la cava abbastanza bene.
L'avevo già visto molti anni fa, e la mia impressione non è cambiata: abbastanza bello, ma inferiore ad altre pellicole di Truffaut. Sarà sì un noir – come lo definì Truffaut stesso – ma rimane molto diverso dai noir classici americani che fecero la storia del genere. La trama, gli eventi è i personaggi sono quelli del genere, ma questo non è tutto. Il tono, infatti, è molto diverso: la drammaticità degli eventi narrati è molto smorzata, e la tragica vicenda viene narrata come se fosse una vicenduola tra l'anedottico e il faceto. Sembra anche che su tutto aleggi come un leggero cinismo e un certo distacco dagli eventi narrati.
I personaggi sono accomunati dal fatto di agire in preda a passioni (amore, odio, egoismo, ripicca, ecc.) che assecondano in modo istintuale e acritico. Ciò si vede soprattutto nel personaggio di Aznavour, il quale è un uomo che vive ogni momento per quel momento, anche se le sue scelte sono spesso senza ritorno o gravide di conseguenze negative. La voce della coscienza (che sente lo spettatore quasi fosse una voce narrante) rimane sempre inascoltata. Se la direzione presa è quella della rovina, non importa, va seguita fino alla fine come se nulla fosse. Personaggi così assomigliano un po' a quelli del primo Godard.
Quanto alla conduzione generale, il film è agile e spigliato, forse anche un po' nervoso, e mai noioso. La regia di Truffaut è anche variegata e creativa. Le uniche mie perplessità, insomma, risiedono proprio all'acidulo che rimane in bocca alla fine e al sottile cinismo, quasi programmatico, che pervade tutta la pellicola.
E' inoltre un film molto parlato, dai dialoghi fitti, per questo un po' sacrificato se guardato con i sottotitoli come ho fatto io (che non so il francese). Fuori Orario ha mandato comunque in onda una versione digitalizzata e perfetta dal punto di vista visivo, che sostituisce i vari lisi e logori videotape in formati strani che erano circolati finora.
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