Regia di Lee Frost vedi scheda film
Diretto dal regista di nudies (R. Lee Frost), Camp 7 arriva nelle nostre sale solo nel 1975, sei anni dopo la realizzazione, finendo al fianco di una manciata (di ben altro livello) di pellicole che hanno poi dato corso al famigerato filone italiano definito eros svastica.
Martha, depositaria di importanti informazioni circa il progetto segreto sulla costruzione di un turbo jet, dopo essere stata catturata dai nazisti viene reclusa in un lager. Linda e Grace, due agenti sotto mentite spoglie, si fanno internare per potere liberare la "preziosa" collaboratrice.
"Gentili signore, benvenute al campo femminile Camp 7. In questo momento forse alcune di voi pensano di essere sfortunate. Niente di più sbagliato. Lasciate che vi assicuri che per voi, essere state mandate qui al campo femminile 7, è stata di gran lunga la migliore delle alternative possibili. Certo non posso garantire che vi innamorerete del campo femminile 7, ma vi posso però garantire che in esso voi farete l'amore. E questo non è poco, dovete ammetterlo. Siete state portate qui per uno scopo e per quello soltanto. Lo scopo cioè di compiacere gli ufficiali di prima linea del nostro esercito. Io e i miei uomini faremo di tutto perché voi siate compiacenti al massimo grado. Procurare loro il piacere, sarà la vostra unica funzione." (Discorso di accoglimento alle nuove detenute del Camp 7)
Malsano precursore (è datato 1969) del filone eros-svastika italiano, il film di Frost ebbe parecchie noie con la censura. Nel Regno Unito è entrato nella famigerata lista dei video nasty; in Australia ha subito una traversia relativa al divieto, essendo stato proposto (in versione CUT, come Nazi love camp 7) nel 1974; in Nuova Zelanda è stato proibito; in Finlandia è stato vietato ai minori.
Opera del regista e produttore americano specializzato in nudies, Robert Frost, che ha il pregio (se così lo si vuole chiamare) di anticipare il tema sex & violence a carattere nazi, destinato a prolificare anche e soprattutto in Italia a metà anni '70.
Camp 7 è un film povero, girato in massima economia e punta molto a solleticare l'aspetto voyeuristico dello spettatore. Come antesignano del nazi-erotico propone il classico plot con accoglimento, ispezione corporale (qui fatta eseguire da una dottoressa virago) e sfruttamento sessuale delle detenute. Per quanto violento nell'assunto, la regia di Frost opta per un registro più sotteso (siamo pur sempre nel 1969) puntando decisamente all'esposizione di nudi integrali, spesso inseriti in contesti sadici mai del tutto esplicitati (una vittima costretta a sedere su un cavalletto ad angolo acuto, un'altra costretta a leccare gli stivali di un ufficiale). Al tutto viene conferito un tono di verosimiglianza dato da un narratore di Londra con funzione espositiva sulla cronologia degli eventi che, stando a quel che preannuncia, "si basa su fatti realmente accaduti, riferiti da coloro che li hanno vissuti."
Piuttosto scarso, anche e soprattutto tecnicamente, Camp 7 è però ben recitato e procede in un clima di perversa e intollerante misoginia. Ragione per cui, in Italia, vede la luce solo sei anni più tardi, uscendo cioè nelle sale nel 1975. In quel biennio (1974/1975) Camp 7 finisce affiancato ad una serie di titoli tipo Il portiere di notte, Ilsa, la belva delle SS, Salon Kitty e soprattutto Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pasolini. Pellicole che stanno appunto all'origine (come fonte di ispirazione) di una successiva trentina di film italiani poi definiti eros svastika.
"Il fascismo è ovunque la concentrazione di potere nega al cittadino la possibilità di esprimere ed attuare la sua volontà." (Primo Levi)
F.P. 19/09/2020 - Versione visionata in lingua italiana (durata: 85'10") - Aggiornamento della recensione pubblicata in precedenza su Il davinotti
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