Regia di G. D. Martin (Giuseppe De Martino) vedi scheda film
Manuel, scultore e insegnante all’Accademia di belle arti, ha il chiodo fisso di realizzare la ‘femmina incatenata’, una scultura che esprima l’angosciosa situazione umana. I suoi tentativi sono però vani, mentre l’opera riesce a una sua studentessa, Hilda. Jacqueline, donna di Manuel, si fa prendere da una folle gelosia.
L’esordio nel mondo del cinema per Giuseppe Di Martino avviene con questo Femmina incatenata, nel 1949; nell’arco di sei anni girerà altri due lungometraggi per il grande schermo (Amore di Norma e La sultana Safiyè), lavorando poi saltuariamente per la tv negli anni successivi e tornando sostanzialmente in pianta stabile al suo primo amore, cioè il teatro. Nonostante le buone intenzioni, i lavori cinematografici di Di Martino sono passati pressochè inosservati sia dal pubblico che dalla critica; Femmina incatenata è in effetti uno scialbo melodramma con pretese di approfondimento psicologico un po’ eccessive, fuorvianti per la trama e blande nei risultati concreti, la cui narrazione a più riprese zoppica. La sceneggiatura è firmata dal regista stesso con lo pseudonimo G. D. Martin, da Leonardo De Mitri – qui anche assistente alla regia – e da Gian Bistolfi; pur essendo un lavoro confezionato con sufficiente mestiere, il film non lascia grandi tracce del suo passaggio, chiudendosi peraltro in maniera piuttosto sbrigativa e banale. In scena compaiono fra gli altri Manuel Roero, Jacqueline Plessis, Rori Landi, Gianni Agus e Lora Silvani. 3,5/10.
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