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Prag

Regia di Ole Christian Madsen vedi scheda film

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La recensione su Prag

di mm40
3 stelle

In compagnia della moglie, il danese Christoffer vola a Praga per il funerale del padre, che lo aveva abbandonato da piccolo. Il risentimento verso l’uomo sfuma alla conoscenza dell’avvocato e amico che ne cura il testamento, e di una giovane donna che si presenta come domestica del defunto, ma che forse aveva con lui un altro tipo di rapporto.

Strano miscuglio di generi e di storie, questo Prag; data l’ambientazione – nonché il titolo – nella prima mezzora viene da immaginare che si tratti di un’opera kafkiana o perlomeno di un omaggio allo scrittore boemo: il protagonista viene trascinato suo malgrado in una situazione fosca e funebre, con un dottore saccente e un furbo azzeccagarbugli che abusano dei loro poteri con la massima nonchalance e scagliano Christoffer in un vortice di sensi di colpa e domande senza risposta. Poi si aggiunge la trama erotica: una moglie apertamente infedele, un marito quasi compiaciuto dalla situazione e qualche scena vagamente sexy; quindi la svolta thriller, lievemente ansiogena con la giusta ambientazione di una casa abitata da ‘fantasmi’ e infine ecco l’approccio spiccatamente rosa con l’irrompere del personaggio di Alena nella storia (che sarebbe realmente comico, se non lo fosse involontariamente). Alena non parla altro che ceco, ma capisce perfettamente i lunghi sfoghi dettagliati del danese Christoffer; Alena vuole metterla in mano fin dal primo istante a Christoffer e non si spiega mai perché, o meglio: lo spettatore un minimo avvertito penserebbe che la ragazza miri a ottenere il permesso di rimanere nella casa, ma in un finale-non-finale totalmente insensato Christoffer, al risveglio da un coito superalcolico, regala direttamente la casa ad Alena e se ne va tutto soddisfatto. Inutile porsi dei perché: il film pare un congegno strutturato per catturare il pubblico più vasto e meno pretenzioso, ma si tratta di un congegno dilettantesco, facilmente disinnescabile e che si regge in piedi solo grazie alla bravura innegabile del monoespressivo (qui) Mads Mikkelsen. Apprezzabile anche Borivoj Navratil nei panni dell’avvocato, mentre funzionano meno bene Stine Stengade e Jana Plodkova, intrappolate d’altronde in due personaggi in odore di misoginia. Quarto lungometraggio cinematografico per il danese Ole Christian Madsen, che amministra non benissimo la situazione (l’uso frequente di inquadrature dall’alto conferisce alle scene un senso di controllo, di osservazione da parte di un elemento esterno: tutto palesemente fuorviante) e scrive anche la sceneggiatura insieme a Kim Fupz Aakeson. 3/10.

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