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Il tredicesimo piano

Regia di Josef Rusnak vedi scheda film

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La recensione su Il tredicesimo piano

di maurizio73
8 stelle

Tra le raffinate trovate di un nostalgico simbolismo vintage e quelle più pacchiane di grossolani marchingegni della virtualità, si agitano le passioni di patetici personaggi in cerca d'autore, il terrore escatologico di straniati avatar positronici nel loro disperato viaggio ai confini del mondo.

Informatico settantenne a capo di una prestigiosa software house ed ideatore di una rivoluzionaria scoperta sulla realtà virtuale, viene misteriosamente ucciso dopo aver parlato al telefono col suo assistente. Quest'ultimo,da subito sospettato dalla polizia, intraprende una personale e pericolosa indagine lungo la incerta linea di demarcazione tra mondo reale e mondo virtuale sfuggendo alle attenzioni del poliziotto che lo tallona ed inseguendo una misteriosa ed affascinate ragazza che sostiene di essere la figlia dello scienziato ucciso. Sorprendente finale con inusitato happy end.

 

 

Elegante contaminazione tra le originali trovate da thriller fantascientifico e le cupe atmosfere del noir americano, questa insolita produzione del tagico Josef Rusnak sotto l'egida produttiva di Roland Emmerich è un oggetto misterioso che oscilla tra le amenità sci-fi del cinema mainstream (macchine del tempo tipo quantum leap, rocamboleschi inseguimenti lungo strade lastricate, la prevedibile serialità dei colpi scena, il sospetto insinuante di realtà parallele,etc.) e le dissimulate ambizioni di un claustrofobico immaginario nichilista come riflessione non banale (ma certo non originale) sulla effimera consistenza della realtà sensibile. Utilizzando con studiato mestiere (tra sceneggiatura e messa in scena) i consueti clichè del poliziesco americano e le atmosfere dark di una Los Angeles hollywoodiana quale ideale scenario cinematografico di ieri e di oggi, ci si addentra lungo il doppio binario di un intricato plot di false piste ed innocenti colpevoli (tra le pulsioni del sesso e le passioni della mente) e quello di una indagine complessa e affascinante sul labile confine tra identità soggettiva e realtà oggettiva nella continua osmosi tra mondi paralleli generati da una ineffabile entità demiurgica che si rivela solo nel precipitoso finale di un prevedibile happy end, nel diabolico e improbabile progetto di una incantevole uxoricida decisa a permutare il buono col cattivo, il marito con l'amante, la realtà con l'illusione. Tra le raffinate trovate di un nostalgico simbolismo vintage (il flipper artigianale sul tema del baseball) e quelle più pacchiane di grossolani marchingegni della virtualità, si agitano le passioni di patetici personaggi in cerca d'autore, la onnisciente consapevolezza di uno smarrimento esistenziale, il terrore escatologico di straniati avatar positronici nel loro disperato viaggio ai confini del mondo; una riflessione 'en passant' sul senso effimero della vita come illusorio gioco di specchi, ombre fugaci che si agitano nel baluginante caleidoscopio di una camera oscura quali scarni simulacri di un infinito loop cinematografico (la 'Gilda' della Hayworth quale splendida ed eterna prigioniera di una piccola scatola luminosa). Uscito in contemporanea con il sorprendente Matrix dei Wachowski ne condivide l'ideologia ma non lo stile dove alla freddezza somatica del meticcio Keanu si contrappone il viso d'angelo di un bel banboccione dagli occhi blu ed il ciuffo biondo che fa la spola tra le dimensioni parallele di mondi comunicanti ed il logoro clichè dello smanettone pazzoide ben rappresentato dalla maschera strabuzzata del 'soldato Palladilardo' dei tempi migliori. Dangerous games across the lines.

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