Regia di Horatiu Malaele vedi scheda film
In un paesino rumeno del 1953 due giovani decidono di sposarsi. Ma, a un passo dal grande banchetto nuziale, irrompono i soldati russi con la notizia che Stalin è morto e non è consentito nessun tipo di festeggiamento. Il padre della sposa organizza così un matrimonio… muto, in notturna, al buio di uno scantinato.
Più noto in patria come attore (dalla metà degli anni Settanta ha preso parte a decine e decine di titoli, in ruoli più o meno sostanziosi), Horatiu Malaele ha deciso di passare dietro alla macchina da presa alla fine degli anni Novanta, licenziando qualche prodottino televisivo, per fare quindi il suo esordio registico nel cinema proprio con questo Silent wedding. Il titolo internazionale è il medesimo di quello originale, Nunta muta, mentre in Italia il lavoro, pur avendo avuto una certa distribuzione e risonanza in giro per il mondo, non è mai ufficialmente arrivato. La sceneggiatura di Malaele e di Adrian Lustig è un coacervo di personaggetti sopra le righe, invasi dai tic, immersi in bizzarre situazioni di paese e più in generale di piccole, quotidiane follie dell’entroterra rumeno – non così distanti dalle nostre, a ogni modo; senza dubbio c’è un bel po’ di Kusturica in questo scenario colorato e sanguigno di poveri diavoli brutti, sporchi eppure tutt’altro che cattivi. Il difetto principale del lavoro risiede in una scrittura che suddivide in due nette parti la trama; la prima, eccessivamente frammentaria e dispersiva, racconta di una giornata tipica nel paesino in cui la vicenda è ambientata, mentre la seconda (finalmente, considerato il titolo) prende in esame le ‘nozze mute’, facendosi per forza di cose più silenziosa, più leggera e conseguentemente più apertamente comica. Comico non è però il finale, come facilmente prevedibile, che pone inevitabilmente un minuscolo accento di denuncia storica sull’opera. 3,5/10.
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