Regia di Gil Junger vedi scheda film
Classico teen-movie americano che alla lontana riprende il modello shakespeariano de La bisbetica domata. In realtà non ci sarebbe molto da dire, perché il film si muove nella media del filone, mantenendo un equilibrio giustamente ruffiano e tendenzialmente innocuo. Ma c’è una scena, una sola scena, che vola altissimo e permette al filmetto di lasciare un ricordo particolare. È un concentrato di banalità adolescenziali, cose risapute e neanche originali, ma che riescono ad essere tremendamente efficaci, perché si rivolgono ad un pubblico che pretende di sentirsi dire quelle esatte cose. E le dice benissimo. È un monologo semplice, duro e forse sciocco. Ma è giusto che sia lì dentro, in quel film e per quegli spettatori.
“Odio il modo in cui mi parli e il modo in cui ti tagli i capelli. Odio il modo in cui guidi la mia macchina. Odio quando mi fissi. Odio i tuoi stupidi stivali anfibi e il modo in cui mi leggi nella mente. Ti odio così tanto che mi fa star male, mi fa per fino scrivere poesie Ti odio.. Odio quando hai sempre ragione. Odio quando mi menti. Odio quando mi fai ridere. Odio anche di più quando mi fai piangere. Odio quando tu non mi se intorno e il fatto che non abbia chiamato, ma più di tutto odio il fatto che non ti odio. Nemmeno quasi. Nemmeno un pochino, nemmeno… niente”.
Voto: 6.
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