Regia di Diane Kurys vedi scheda film
Un amarcord autobiografico, intenso e ben raccontato dalla regista e sceneggiattrice Diane Kurys. Splendida rievocazione degli anni '50, in un contesto a metà strada tra commedia e dramma.
Prendendo spunto dai suoi ricordi d’infanzia, Diane Kurys rievoca con acume le classiche vacanze estive di famiglie della media borghesia francese alla fine degli anni ’50: da un lato il mondo degli adulti, dall’altro quello dei bambini. Come filo conduttore, inventa il diario di Frédérique, giovanissima adolescente alle prese con i primi turbamenti amorosi e testimone della rottura tra i suoi genitori. Il contesto è quello di Baule-les-Pins, nota località balneare dove Frédérique e la sorellina arrivano all’inizio del mese di luglio, accompagnate dalla loro governante (Valeria Bruni Tedeschi). La madre Lena (Nathale Baye) sopraggiungerà alcuni giorni dopo, perché trattenuta dall’espletamento delle pratiche di divorzio. I rapporti tra le due bambine e la tata appaiono subito difficili. Fortunatamente, sul posto sono presenti anche Bella (Zabou Breitman), amica d’infanzia di Lena, il marito Léon (Jean-Pierre Bacri) e il loro bambino, più o meno coetaneo delle ragazzine. La coppia è in evidente attesa del secondo figlio. Dopo una prima settimana, durante la quale si susseguono le normali attività vacanziere, dai bagni di mare, ai giochi, litigi, scherzi infantili e marachelle varie, passando per la prima sigaretta clandestina e il primo bacio rigorosamente sulla guancia, Lena si riunisce finalmente al gruppo e il film assume tutta un’altra piega. A sorpresa, infatti, si fa vivo Jean-Claude (Vincent Lindon), giovane scultore, da tempo amante di Lena. La situazione, inevitabilmente, si complica, anche se la donna può contare sulla complicità della fedelissima Bella per i suoi incontri amorosi. Il tutto però precipita quando Frédérique scopre la relazione della madre. Come se non bastasse, di lì a poco arriva anche il padre Michel (Richard Berry). Siamo ormai alla fine del mese di agosto e i nodi vengono al pettine.
I racconti e riferimenti autobiografici sono frequenti nella filmografia di Diane Kurys e devo riconoscere che l’esercizio le riesce particolarmente bene, come già dimostrato con i suoi primi due lungometraggi, “Diabolo menthe” nel 1977 e “Coup de foudre” nel 1983. A dispetto di una trama tutto sommato esile e quasi prevedibile, questo è il suo film che maggiormente mi ha emozionato e persino commosso per la delicatezza e la sensibilità con cui vengono trattate vicende intime e delicate che coinvolgono bambini e adulti nel corso di due mesi di villeggiatura . I giovanissimi interpreti, tutti eccellenti, sono diretti con una padronanza addirittura paragonabile a quel che avvenne con l’irripetibile “L’argent de poche” di François Truffaut nel 1976. Anche qui, quelli che sembrano normali eventi e scoperte dell’età infantile, trattati con toni da commedia, nascondono difficoltà e drammi formativi che segnano l’intera esistenza di chi li vive. Accanto e al di sopra, c’è il mondo degli adulti, impersonato da un gruppo di attrici e attori ancora giovani ma di altissimo livello. Nathalie Baye e Zabou Breitman danno vita a due donne della loro epoca: madri e mogli ancora distanti dalle idee di liberazione ed emancipazione che ne rivoluzioneranno le vite poco più di dieci anni dopo, ma pur sempre soggetti che, dalla fine del secondo conflitto mondiale, hanno assunto ruoli più autorevoli e una maggiore indipendenza all’interno della famiglia. La generazione “Reader’s Digest”, come si disse in un certo periodo. Lena tradisce il marito, ma a tormentarla non sono più i sensi di colpa di un tempo, bensì il senso di responsabilità nei confronti delle due figlie ancora bambine. L’amica e quasi sorella Bella non la giudica e anzi se ne fa complice, alle prese quale è con un marito burbero e brontolone, anche se onesto e capace di divertire i ragazzini con spavalderie infantili e senso di un fin troppo facile umorismo. Un ruolo su misura per Jean-Pierre Bacri, come lo si ritroverà a più riprese nel corso della sua lunga e invidiabile carriera. Altrettanto indovinato è il personaggio interpretato da Richard Berry, il marito tradito e preso in contropiede dalla libertà della consorte. Passi il divorzio, ma le corna proprio no! E’ veramente troppo per il suo statuto di capofamiglia. Non meno ingenuo appare Vincent Lindon nella parte dell’amante innamorato, scultore con velleità “bohémiennes”, sicuro di poter portar via l’amata dalla sua sicurezza borghese.
L’intero film è un’immersione quasi documentaristica in un’epoca chiusa per sempre. Quando fu realizzato, erano trascorsi tre decenni. Oggi sono diventati sei e la distanza sembra accentuarne il valore. Non mi stancherò mai di dire che spesso con il cinema il tempo è veramente galantuomo.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta