Regia di Tony Kaye vedi scheda film
Con la testa rasata, lo sguardo fiero, la svastica tatuata sul petto, Derek è un’imperfezione, gonfia di odio e di rabbia, della provincia americana. Bianca, ottusa, fanatica della bandiera, fedele agli ideali sanguinari di una civiltà superiore da imporre agli “altri”, la piccola America è malata di nostalgia per una frontiera che si è spostata, però, dentro i confini delle città, dei sobborghi, dei quartieri. Si illude, bigotta e ignorante, che esista e resista una supremazia ed un’egemonia razziale. Il nemico vive nella strada accanto, lavora nel supermarket della zona, abita in case non molto diverse da quelle in cui abitano gli eletti. Uccidere, devastare, minacciare, predicare e fare proseliti sono alcune delle regole elementari del mercato dell’odio messo in scena dal compulsivo, dolente e nervoso “American History X”. Il regista Tony Kaye, al suo esordio nel lungometraggio di finzione, per strutturare il suo racconto, scritto dal ventottenne David McKenna, evita le convenzioni del reportage sociologico e gli imperativi televisivi dell’inchiesta e del documentario. La lunga esperienza nella pubblicità influenza il suo stile visivo, la densità, carica di significati diretti e indiretti, delle inquadrature, l’intensità dei corpi e dei gesti. Come in uno spot riuscito, tutto acquista un valore e un senso che scavalca quello che viene mostrato. Questa grana delle immagini viene rimescolata in uno sviluppo narrativo ad incastro e non lineare, che passa spesso dal bianco e nero al colore. La vicenda del protagonista, che si avvale di una grandissima interpretazione di Edward Norton, corroborata dalla prova di alcuni degli altri attori, Edward Furlong e Fairuza Balk, il suo accecamento ideologico, la redenzione dopo i tre anni di carcere, il tentativo di salvare il fratello minore e la sconfitta sono scanditi, con qualche ingenuità, alcune lentezze e un montaggio poco severo, con le cadenze di un’epopea familiare e di un’antica tragedia greca. La violenza non è catartica. È un corollario imprescindibile delle vite perdute.
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