Regia di Gaspar Antillo vedi scheda film
Sceneggiatura sopraffina, partecipando alla quale il regista Gaspar Antillo merita ulteriori elogi. Vite vissute, vite perdute, vite soltanto agognate. E anche l’amore, perché no: il gigante e la bambina. Si sente forte la presenza di Pablo Larrain, qui come produttore: come non ricondurre questa trama a quella del “Tony Manero” che lo lanciò sulla ribalta internazionale? Dall’ostinata, grottesca e violenta volontà di essere ciò che non si è del film di esordio di Larrain, qui si approda alla disperazione di non saper essere (essere stati: la centrifugazione temporale/emotiva data dalla linea narrativa prescelta è forse l’aspetto migliore di tutto il film) ) ciò che si è davvero.
Musica, un po’ di show-business opportunista, sangue di uomini e di pecore altrettanto innocenti, voli interspaziali sbeffeggiati dai droni, colorati conati di vomito che non bastano per liberarsi di tutto... c’è tanto in questo film. E se, come in “Tony Manero”, non c’è vittoria, non è prevista giustizia (perché la non-giustizia è la base imprescindibile del ragionamento), qui viene offerta una piccola, importante, non semplicemente banale consolazione/spiegazione nei fotogrammi finali.
Delicatamente selvatico, allocato nel profondo della natura e dell’anima (compartecipi e complici l’una dell’altra), “Nadie sabe que estoy aquí” è un film molto apprezzabile.
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