Regia di Mahamat-Saleh Haroun vedi scheda film
FESTIVAL DI CANNES 74 - CONCORSO
Quando Amina, donna abbandonata dal fidanzato appena messa incinta, ed ora costretta a vivere con la figlia quindicenne producendo manufatti in metallo che ricava da pneumatici usati, scopre che la ragazzina è incinta, disperata cerca di scoprire chi è il padre. Ma la figlia tace e desidera abortire, ovvero commettere sia un peccato mortale per la religione musulmana, sia un reato per la legge del Ciad.
Sconvolta, cercherà di capire, di trovare una soluzione clandestina, senza comprendere lo sconvolgente nesso che lega la richiesta di sposarla che un ossequioso anziano vicino le pone innanzi.
Tragedia e riscatto, impotenza ed orgoglio si avvicendano in questa ultima fatica del regista ciadiano da quarant'anni residente in Francia Mahamat-Saleh Haroun, che torna in patria per rivivere i contesti di un cinema di stampo neorealista che ormai in Europa possono apparire solo come favole tragiche un po' sopra le righe.
E il continente nero, oltre a rendere plausibili certe tragedie laggiù senza tempo, finisce per conferire, nei colori caldi, nella luce luminosa più che altrove, nelle atmosfere uniche sia nella bellezza che nella desolazione, un suo carattere marcato e tangibile che conferisce all'opera, semplice e lineare quasi come un compito elementare, un suo fascino genuino e una dignità narrativa di rappresentazione matura e coraggiosa.
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