Regia di Darren Aronofsky vedi scheda film
"13:26, enuncio di nuovo le mie teorie. 1°: la natura parla attraverso la matematica; 2°: tutto ciò che ci circonda si può rappresentare e comprendere attraverso i numeri; 3°: tracciando il grafico di qualunque sistema numerico ne consegue uno schema. Quindi ovunque, in natura, esistono degli schemi. E allora parliamo della Borsa, di quell'universo composto da numeri che rappresenta l'economia globale, milioni di mani che lavorano, miliardi di cervelli, un'immensa rete umana che grida alla vita: un organismo, un organismo vivente. La mia ipotesi: anche nella borsa esiste uno schema, ed è proprio davanti a me, nascosto fra i numeri: è sempre stato lì. 10:18, premo invio."
Max Cohen, alienato e geniale matematico, trova un astruso collegamento fra la legge matematica che dovrebbe governare l'andamento della borsa, la determinazione del π e il numero di 216 cifre che secondo gli ebrei ortodossi altro non sarebbe che, traslitterato secondo la simbologia della Torah, il vero nome di Dio, la chiave che spalanca le porte della coscienza al popolo (auto?)eletto. Perseguitato da una società di Wall Street e da un gruppo di fanatici ebrei, con un equilibrio psichico già minato da costanti emicranie, solitudine e narcodipendenza, Max non riesce a cogliere gli avvertimenti del suo ex-professore e mentore, secondo il quale uscirà pazzo fissandosi con la ricerca di quel numero a 216 cifre e comportandosi da banale numerologo invece che da matematico.
Lungometraggio indipendente d'esordio di Darren Aronofsky, che si serve di una notevole abilità con la telecamera, del bianco e nero, trova un ottimo protagonista stralunato nell'amico Sean Gullette e un'intuizione non da poco: fare della matematica, dei frattali, del fascino dei numeri e delle regole trigonometriche, tanto odiati a scuola, i motori trainanti di un film e delle sue vicende, che puntano poi ad inaspettate tematiche metafisiche. Non è dato sapere se Aronofsky si sia ispirato al Lynch di Eraserhead, allo Tsukamoto di Tetsuo e al Cronenberg degli esordi, ma certo alcuni elementi parlano abbastanza chiaro: il bianco e nero, il montaggio serratissimo, il surrealismo, il cambiamento del corpo, la pretesa di andare oltre i limiti umani rimandano, bene o male, ai registi sopra citati.
π - Il teorema del delirio è un film che difficilmente può piacere a tutti, ma è un lavoro molto ambizioso, particolare, meritevole non solo per i suoi pregi ma anche in quanto audace esordio di un regista poi diventato celebre.
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