Regia di Xavier Giannoli vedi scheda film
Un giovane poeta diventa giornalista e critico d’arte nella Parigi del XIX secolo. Il mestierante Giannoli vuole evitare a tutti i costi che si tratti di un melodramma incartapecorito di 2h30, quindi nello stesso minutaggio rifà Scorsese proponendo un percorso di ascesa e caduta di un personaggio degno di Jordan Belfort. La voice over che ritma le sequenze più pirotecniche del film esala posticcio già dai primi minuti, mentre disperatamente evita la letterarietà; le sequenze mélo sono ridotte a gelidi campi/controcampi (che vedono coinvolta spesso Cécile de France nel ruolo più scialbo di un’intera carriera) e la metafora del giovane ambizioso che gioca con la corruzione e si rovina con le sue stesse mani tenta bizzarramente di rendere appetibile allo spettatore contemporaneo (ma esattamente a chi poi non si sa) un Balzac meritevole di un respiro meno ammiccante. Le stoccate, poi, alla critica d’arte, per quanto divertenti e simpaticamente riproposte in chiave XIX-siècle, sono sempre parte di questa greve modernizzazione di cui sopra.
Illusions perdues, calderone di star su misura per i César, è cinema francese per i non-francesi in malafede che odiano il cinema francese nella sua accezione più superficiale.
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