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Illusioni perdute

Regia di Xavier Giannoli vedi scheda film

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La recensione su Illusioni perdute

di lamettrie
9 stelle

Bellissimo film, sulla falsità e sulla pura apparenza che dominano la società contemporanea, e la sua vita culturale. Caustico, un po’ troppo pessimista, ma onesto. Qui si era, 200 anni fa, agli albori del capitalismo: la Francia degli anni’20 dell’800, quella che da lì a poco vide i primi “governi dei banchieri”; quelli, pessimi, dediti all’interesse di pochi ricchi contro, ancora una volta, i diritti delle moltitudini.   

Sono ben evidenziate le necessità del trasformismo morale; della prostituzione mentale irrinunciabile per la carriera; dell’essere voltagabbana opportunista.

È chiaro il totale disprezzo per il merito: vince solo il potere ricattatorio. Si è influenti, a livello culturale e politico, solo perché si attacca un nemico importante facendo rumore: sono il pettegolezzo, il sentito dire, a determinare le gerarchie. A discapito del contenuto, che infatti viene dimenticato. Violenza verbale e disprezzo per la verità sono qui dei meriti, alla maniera oggi di uno Sgarbi, superbo esempio di tale raccapricciante modello.

Veritiera è la sottolineatura sulla disinformazione totale e cosciente: manipolazione della verità per fini elettorali ed economici. Chiaro è l’asservimento della stampa alla industria e alle banche, che proprio allora prendono il potere, pure quello politico.

Efficace la rappresentazione della rutilante girandola di “troie” intellettuali, opportunisti pronti a dire tutto e il contrario di tutto.

Ben affrescata è la macchina degli applausi finti a pagamento, riservati al miglior offerente, in un mercato dove la grande assente è la vergogna. Commuovente, pur nella sua tristezza etica, la primogenitura di ciò rispetto al profluvio di applausi falsi delle degradanti claques televisive.   

L’amoralità è spinta e foriera di successo: l’onesto, il serio viene espulso automaticamente, così come il valido.

L’unica cosa che conta è far parlare, per creare una macchina di attenzione. Anche gli attori e gli artisti diventano meri veicoli pubblicitari, al fine di poter far leggere i giornali, che ne parlano, da un pubblico stupido, che ha bisogno di novità e mai di verità né di valore; ma è un pubblico che comunque parla, e che quindi è funzionale alla vita politica, a creare massa elettorale nell’opinione pubblica.

La cultura è qui schiava del mercato: appiattita, avvilita, asservita ad essere uno strumento, fra i tanti, finalizzato al controllo dell’opinione pubblica. La chiacchiera culturale attira, nelle grandi città, per darsi delle arie e farsi credere superiori a qualcuno, cioè qui agli indotti, e quindi tollerare in apparenza meglio le proprie frustrazioni.

Ma emerge, alla fine, la conseguenza morale di tutto ciò: l’opportunismo sfrenato ha dei limiti, porta alla tristezza crescente, che nessuna evasione riesce a tacitare. Le convenzioni sociali, anche matrimoniali e familiari, sono portate alle loro conseguenze negative massime.

Solo i semplici non si ammalano mentalmente; ma gli altri comandano e commettono ingiustizia e hanno tanti diversivi, grazie al denaro, spesso rubato. Diversivi che non guariscono una vita devastata dall’ansia, ma che comunque fanno scena, e permettono di non pensare, almeno a tratti.  

Grandi recitazione, regia, fotografia, montaggio, costumi, scenografia, musica (barocca: non c’entra, ma conta poco). 2 ore e 23, ma non ti annoi mai. Certo, il livello della sceneggiatura è così alto (merito, si immagina, soprattutto del testo di partenza di Balzac) che però non tutti riescono a coglierlo, e quindi a gustarlo, appieno.

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