Regia di Gustavo Vinagre vedi scheda film
In una bella casettina, seduta in un salottino vecchio stile, da casa di bambola, con le pareti color rosa carnale, un busto da sartoria e qualche quadro dalla cornice importante, il regista Gustavo Vinagre si appresta ad intervistare la mitica Wilma Azevedo, personaggio peculiare, certo noto solo a livello di nicchia, ma certo personaggio fondamentale nel panorama - controverso e malizioso - della letteratura sadomaso, tanto da risultare la più nota scrittrice brasiliana in tale particolare comparto.
Un donna che pare una timorata madre di famiglia, ma che, aprendosi con fiducia alle domande per nulla incalzanti, ma anzi libere e aperte del regista, si racconta, si apre al pubblico, rendendolo complice delle incredibili confessioni che un pubblico servile e adorante di estimatori le rivolge, adorandola come una padrona a cui sottomettersi con la devozione di uno schiavo dominato certo, ma contento di esserlo.
Ci si apre la strada di un mondo di indubbie perversioni, che tuttavia la scrittrice riesce a rendere, in qualche modo, plausibili anche quando si arriva agli eccessi più folli come quello del lettore aspirante martire dopo una fantasia a base di torture che pare un vero e proprio delirio.
Inutile e fuori luogo perdersi in giudizi morali o disquisire sulla opportunità di arrivare a tali eccessi, spesso manifestati o ancor più volentieri raccontati sotto forma di plateali livelli di sudditanza da parte di una forma di vizio che, indubbiamente, offre a determinate persone una via molto particolare, ma a sentir loro assoluta, di soddisfazione, appagamento, evasione da una realtà che, al contrario, non li fa star bene. Una condizione un po' limite, ma legittima e che come tale non può che essere rispettata, se vissuta nella piena consapevolezza di non arrivare a ledere diritti o benessere altrui.
Vinagre non si adopera in nulla di virtuosistico: non sarebbe stato necessario, visto il personaggio straripante di originalità e verve. Piuttosto gli va riconosciuto il merito di lasciar parlare la protagonista, facendola aprire verso lo spettatore, a volte probabilmente incredulo nel venire a conoscenza delle inedite testimoniante di cui si è resa portatrice la stravagante scrittrice.
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