Regia di Sang-ho Yeon vedi scheda film
FESTA DEL CINEMA DI ROMA 15 - SELEZIONE UFFICIALE
Sono passati ormai quattro anni, da quando la Corea del Sud è stata devastata dall'orda di zombie, che tutt'ora dilagano indisturbati in quella regione dimenticata da Dio e dagli uomini.
Un ex ufficiale coreano, scampato al massacro dopo aver perso sorella e nipotino, e sbarcato a Hong Kong ove vive di espedienti come un profugo, accetta suo malgrado di tornare in loco per recuperare, per conto di una organizzazione criminale specializzata in riciclaggio, un enorme bottino di denaro, depositato e giacente da allora in un furgone portavaloro, arenato in una delle tante vie devastate di una Busan fantasma e spettrale.
La missione, rischiosa ma ritenuta non impossibile, riesce a metà, fino a quando i non morti si risvegliano, e i superstiti della sparuta squadra se la dovranno vedere con loro, e con un gruppo di folli paramilitari, finiti a vivere clandestinamente in quei sobborghi da incubo.
Peninsula, ovvero "Train to Busan 2", non fosse che il treno stavolta non c'entra nulla, prova, anzi osa riproporre la tematica tanto eccentricamente, ma mirabilmente trattata nel film capostipite, e già sfruttata da un vero e proprio filone all'interno del cinema di genere orrorifico. Nelle mani del medesimo talentuoso regista del primo film, ovvero il cineasta proveniente dall'animazione Sang-ho Yeon, l'action-horror si rivela anche stavolta un blockbuster pazzesco, eccessivo ed enfatico, melodrammatico e buonista sino all'esasperazione.
Ma soprattutto un prodotto puramente a valenza commerciale, girato con così mirabile estro e rutilante ritmo, da riuscire a travolgere lo spettatore, che gli si riesce a perdonare tutto, anche i bimbi in lacrime, anche i baby-piloti folli di dieci anni, e persino quel folle finale esuberante, esagerato e coatto con cui si conclude la concitata vicenda.
Peninsula è niente più che un game-movie di evidente origine derivativa, da prendere ed accettare per quello che è, senza porsi alcun limite o pregiudizio di sorta, ottenendo in cambio una gratificazione puramente visiva che talvolta può bastare a soddisfare le impellenti esigenze visive, tutt'altro che intellettuali, a cui ha diritto uno spettatore.
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