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Il mondo che verrà

Regia di Mona Fastvold vedi scheda film

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La recensione su Il mondo che verrà

di port cros
4 stelle

Purtroppo una delusione per l'uso invadente della voce narrante e la smania di raccontare verbosamente i sentimenti invece di metterli semplicemente in scena.

Vanessa Kirby, Katherine Waterston

The World to Come (2020): Vanessa Kirby, Katherine Waterston

 

77ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia (2020) – In Concorso

 

 

Mia Fastvold racconta lo sbocciare di una storia d'amore tra due donne sposate, nell'America rurale di metà 800. Non siamo nel selvaggio West, bensì nell'interno settentrionale dello Stato di New York. Abigail (Katherine Waterstone) è devastata dalla morte prematura della sua bambina Nellie (“I have become my grief”) e il rapporto col marito Dyer (Casey Affleck) non basta a riempire le sue monotone giornate, che dedica con sempre maggiore impegno all'istruzione autodidatta. Con l'arrivo nel villaggio di una nuova coppia, Finney (Christopher Abbott) e la moglie Tallie (Vanessa Kirby, già vista alla Mostra nella bella prova dell'ottimo Pieces of a Woman), Abigail stringe un rapporto sempre più intenso con la ragazza, dapprima di amicizia con l'unica persona che sembra in grado di comprendere ed alleviare la sua angoscia, poi si tramuta in un sentimento che le stesse interessate non saprebbero descrivere, fino ad una vera e propria relazione sentimentale clandestina, tanto entusiasmante quanto frustrante per l'impossibilità di viverla appieno, cosa che sarebbe divenuta possibile solo in un "mondo a venire" che loro non avrebbero mai conosciuto.

 

Il produttore Casey Affleck è discretamente presente nel ruolo del marito da Abigail, un uomo nonostante tutto affettuoso e comprensivo con la moglie, mentre Finney è autoritario e soffocante, pronto a ricorrere alla violenza per riportare Tallie entro i canoni di condotta coniugale che desume dalla lettura della Bibbia.

 

Katherine Waterston, Casey Affleck

The World to Come (2020): Katherine Waterston, Casey Affleck

 

La storia è narrata sotto forma di diario da Abigail, con le pagine scritte quotidianamente dalla giovane quale fonte da cui apprendiamo ogni gli sviluppo della trama: in quelle pagine la giovane riversa dapprima tutta la sua sofferenza e poi lo gioiosa sorpresa per un nuovo inaspettato sentimento. Pertanto molto di quanto avviene ci è raccontato, parallelamente o in sostituzione dell'immagine, dalla voce narrante della Waterstone. Questo costituisce a mio parere un limite del film, questo voice-over onnipresente ed insistente che copre ed offusca quanto dovrebbe essere messo in scena più che riferito. Forse la Fastvold si sarà ispirata all'uso che ne fece ad esempio Malick ne La Sottile Linea Rossa, ma qui l'effetto non è lo stesso, anche perché le immagini non hanno la stessa potenza e perché Malick lasciava anche ampio spazio al silenzio, spazio che invece qui è tutto occupato da fitti dialoghi e invadente voce narrante, concedendo ben poco al potere evocativo dell'immagine.

 

L'approccio scelto dalla Fastvold è giustamente intimista ed incentrato sui sommovimenti interiori più che sugli eventi esterni. Tuttavia la sua mania di narrare e descrivere a parole i sentimenti provati (“gioia e stupore”) invece di rappresentarli con la recitazione e la messinscena, e l'insistenza sulle rigide e verbose conversazioni tra le due donne, che tra l'altro si esprimono in maniera inutilmente ricercata al punto da non essere credibili come esponenti delle classi popolari rurali, non sono state una scelta azzeccata. Pure la scena del primo bacio tra le protagoniste è rovinata dalle frasi banali (“non voglio attaccarti il mio raffreddore” e “sai di biscotto”) che le due si scambiano.

 

scena

The World to Come (2020): scena

 

Per essere un film di ambientazione rurale, le scene di interni occupano uno spazio preponderante, non solo perché l'intimità tra le due mogli doveva per forza di cose avvenire al riparo da occhi indiscreti, ma anche per una insistita scelta narrativa che però finisce a dare troppo l'impressione del dramma da camera, soffocando l'intreccio in spazi angusti e raggelandolo con una fotografia grigia e fredda, invece di sfruttare la bellezza della natura, come aveva fatto Ang Lee in Brokeback Mountain, di cui questo film è stato da alcuni a torto definito la versione femminile.

 

Inoltre le pagine del diario sono sovente troppo brevi e veniamo introdotti in continuazione ad una nuova data, con sezioni che a volte durano solo per una breve scena, in un'occasione per una sola inquadratura, con una continua frammentazione che spezza il respiro della pellicola.

Nemmeno la colonna sonora monotona e ripetitiva aiuta a creare la giusta atmosfera.

 

Insomma una delusione per un film in cui avevo riposto elevate aspettative.

 

 

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