Regia di Mona Fastvold vedi scheda film
Venezia 77. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica.
Osserva Mereghetti sul Corriere della Sera: «il film conserva per buona parte la delicatezza di un sentimento di fronte al quale le due donne non sanno bene come reagire: la regia cerca nei volti quello che le parole non riescono a esprimere (nonostante un'invadente voce fuori campo che ci racconta il diario di Abigail) e le due attrici assecondano con bravura la messa in scena della Fastvold, salvo poi ridurre i due mariti a simboli (l'impotente silenzio di uno, il rabbioso puritanesimo dell'altro) e cedere alla fine a quelle scene di sesso che sembrano fatte solo per solleticare il voyeurismo di un certo tipo di pubblico.»
Pare che il signor Mereghetti non abbia subito la sventura di perdere un amore intenso e carnale e non si sia dovuto struggere per una fisicità così intensa da lasciarlo agonizzante nel letto di un lacerante fremito di astinenza. Buon per lui. Ma, giusto per scagliare una pietra contro colui che si abbatte sull'autrice additandola per aver ridotto nel simbolo di "un rabbioso puritanesimo" il marito di Tallie (Vanessa Kirby), mi chiedo a quale tipo di puritanesimo sia sia ispirato il critico cinematografico per catalogare le scene di sesso come "voyeurismo adatto ad un certo tipo di pubblico". Calarsi nei panni di un'affranta e tormentata Abigail (Katherine Waterston) avrebbe consentito al dizionario cinematografico di etichettare in maniera meno sbrigativa i fugaci ed intensi pensieri della donna ormai privata delle viscerali emozioni di un rapporto fisico e sentimentale senza più futuro. Allora avrebbe scoperto Mereghetti quanto quelle brevissime sequenze di corpi ansimanti e aggrovigliati, uscite dalle pagine appassionate del diario di Abigail, che si aprono e si chiudono, avanti e indietro, senza sosta, obbedendo alla casuale forza di una brezza di ricordi, siano necessarie per cogliere il profondo e mai assopito desiderio carnale di una donna rimasta con l'unico conforto dei ricordi a temperare il dolore della carne. Mona Fastvold ha circoscritto ogni riferimento al piacere fisico ad un'unica sequenza di lancinante smarrimento, non per accontentare le morbose fantasie sessuali di qualcuno che le abbia riconosciute come tali ma per descrivere la potenza dell'immaginazione.
In una sperduta località agricola degli Stati Uniti del XIX secolo in cui due donne si sentono di vivere una passione saffica non c'è altro rimedio che ricorrere alla rievocazione delle immagini di un amore durato troppo poco per non impazzire di fronte all'impossibilità di parlarne apertamente. Le donne di quell'epoca appartenevano ai mariti e alla morale puritana dei padri fondatori che ammetteva solamente la legge "naturale" di Dio. Non avevano alcuna possibilità, le donne tutte, di esprimere i propri bisogni e i propri sentimenti, pena l'essere additate e isolate dal contesto sociale a cui appartenevano, dove, tra le altre cose, non erano in grado di raggiungere l'indipendenza economica che le avrebbe liberate dal giogo maschile. Le pagine del diario evocate dalle immagini eleganti e delicate di Fastvold e dalla (necessaria) voce off sono l'unico strumento d'accesso ad un mondo tenuto nascosto e che forse il marito di Abigail (Casey Affleck) intravede nel momento in cui accetta di accompagnare la moglie in un disperato viaggio foriero di cattivi auspici. Bellissima la scena sul tetto da cui si libra, leggera, la consapevolezza di Abigail che l'unico potere femminile, in un mondo chiuso e castrante fatto di uomini, di misogine interpretazioni delle leggi bibliche, di impuniti atti di violenza, di reiterati meccanici coiti, è nella sua stessa vivida immaginazione, nella sua capacità di rivivere il passato, di ricreare situazione vissute, di plasmare un rifugio privato e inattaccabile dall'esterno.
"World to come" di Mona Fastvold è un film dannatamente onesto. Calato nella realtà rurale e montana del XIX secolo, in un luogo totalmente estraneo ad ogni cambiamento, non racconta improbabili storie di emancipazione femminile. Non si compiono clamorosi coming out e non si sfidano le consuetudini di un territorio dell'ovest che evoca leggi ancestrali e immotubili in cui la donna è moglie, madre e regina del focolare. Il bellissimo ed irrequieto paesaggio boschivo ed il gelido inverno sferzato da bufere di neve e vento è l'ideale scenario in cui l'uomo continua a decide le sorti della donna rispettando, dell'Antico Testamento, solo le regole di concupiscenza, sentendosi libero nel diritto di picchiare o ammazzare la donna disobbediente, restando, magari, impunito come avviene al "puritano" Finney (Christopher Abbott).
Aiutata da tempeste di neve che rievocano il turbinio violento dei sentimenti e dal gelo che invoca il freddo dell'anima, Mona Fastvold realizza un ritratto di vita campestre in cui la semplice quotidianità di Tallie ad Abigail esprime la naturalezza di un'attrazione crescente. Kirby e Waterston sono perfette nel ruolo della spavalda Tallie e della timida Abigail. I sorrisi improvvisamente radiosi di quest'ultima illuminano le stanze in penombra della fattoria facendo luce negli animi opacizzati da un passato di perdite, un presente effimero ed un futuro incerto ma forse meno doloroso. Delicato e forte allo stesso tempo.
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