Regia di Umberto Lenzi vedi scheda film
Christian, inseguendo una bella sconosciuta, finisce vittima di un'aggressione durante la quale uccide involontariamente l'uomo che lo aveva attaccato. Insieme alla ragazza, Barbara, si reca in una vicina villa i cui residenti sono piuttosto ambigui; tornando sul luogo del delitto Christian non trova più il cadavere e comincia a chiedersi cosa stia davvero succedendo. Entra quindi in scena Fritz, suo fratello, a cui lo lega un rapporto non del tutto chiaro.
Thriller psicologico a doppio/triplo fondo, una storia arzigogolata con retroscena ancora più contorti che ben si inserisce nel coevo filone in auge nel cinema nostrano. Lenzi, che è anche coautore della sceneggiatura insieme a Massimo Franciosa, Luisa Montagnana e Pino Boller (di quest'ultimo il soggetto), non è nuovo a opere simili e qui dispone di un budget accettabile che gli consente di dare del suo meglio; a dire il vero le pretese psicologiche di fondo della storia sono un po' grossolane, ma ciò che più conta nello specifico è la tenuta della tensione, di cui non ci si può lamentare. Nel cast compaiono fra gli altri Robert Hoffmann, Suzy Kendall, Ivan Rassimov e Adolfo Lastretti; nel settore tecnico spuntano nomi di tutto rispetto come quelli di Guglielmo Mancori (fotografia), Eugenio Alabiso (montaggio) ed Ennio Morricone (colonna sonora, azzeccata). Più brivido che sangue, più impressione che violenza vera e propria; Spasmo a conti fatti risulta uno dei migliori thriller diretti dal regista toscano, uno dei migliori artigiani del cinema di genere di quel periodo. 4,5/10.
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