Regia di Umberto Lenzi vedi scheda film
Buono il soggetto, ma lo sviluppo si pesta i piedi da solo. La prima scena fa pensare ad un capolavoro del genere, ma poi si prendono altre strade. Ci si consola con un lungo finale davvero azzeccato, dove riviviamo i delitti attraverso i ricordi del protagonista che affiorano durante il suo ultimo delitto. E in chiusura c'è una certa ambiguità con il di lui fratello, interpretato da Ivan Rassimov, che forse ha ereditato anche lui la malattia del nonno. Purtropo, questo particolare, come tutte quelle informazioni atte a spiegare, stona in questo script più che mai. Il film, infatti, impostato su una struttura ambigua, cerebrale, fatta di specchi e depistaggi, per definizione non avrebbe dovuto avere spiegazioni. Invece ne ha. Purtropo anche per il cast che non è diretto con precisione, e soltanto Ivan Rassimov sa occupare la scena cinematografica riempiendola.
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