Regia di Manoel de Oliveira vedi scheda film
Tre episodi. Un anziano tenta di convincere il figlio, anch'egli prossimo alla vecchiaia, che sia meglio morire sani piuttosto che con il corpo in disfacimento; non riuscendo nei suoi intenti, lo uccide. Un ricco playboy prende a frequentare una strana ragazza affascinante. Una povera ragazzina si rivolge a una maga che vive in un eremo e ne ritorna tramutata in strega.
Chiunque conosca Manoel De Oliveira sarà difficilmente sorpreso da un film come Inquietudine; per tutti gli altri rimarrà invece un mistero, come abbia fatto un novantenne - per quanto arzillo e lucidissimo - a scrivere e girare (e interpretare persino un cameo danzante, verso la metà del film) questo lavoro. Classe 1908, il Maestro è più che mai attivo in questi anni e rimarrà superimpegnato ancora per oltre un quindicennio (!); il suo mirabile stato di salute fisica si accompagna a un'altrettanto invidiabile condizione mentale, che non solo gli permette di elaborare intere sceneggiature (qui partendo da tre racconti: di Prista Monteiro, di Antonio Patricio e di Agustina Bessa-Luis), ma gli concede pure un sublime tocco ironico, come dimostra il primo e meglio riuscito episodio di Inquietudine (Gli immortali di Monteiro). L'argomento centrale del film sarebbe l'immortalità (e, di rimbalzo, la mortalità), eppure la narrazione procede con tale leggerezza da non lasciare allo spettatore alcun tipo di reale 'inquietudine'. Il mistero De Oliveira resta uno dei più intriganti della Storia del Cinema e questa pellicola va solamente ad aumentarlo; specie perchè in questa occasione il regista dirige in maniera ben più dinamica del solito, sfruttando controcampi e movimenti di macchina solitamente vietati nel suo austero e pittorico stile. La forma e l'eleganza non vengono comunque tralasciate, grazie alla fotografia di Renato Berta e alle scene e ai costumi di Isabel Branco; nel cast compaiono fra gli altri Irene Papas, Leonor Silveira, Luis Miguel Cintra e Ricardo Trepa. Suzy (di Patricio), segmento centrale e più lungo dell'opera, ne è probabilmente anche il momento meno efficace, che risulta intriso di un romanticismo portoghese che va accettato (e, perchè no?, apprezzato) per ciò che è, nei suoi toni struggenti, melensi e quasi onirici; La madre di un fiume (Bessa-Luis) è una chiusura in forma di leggenda dall'atmosfera surreale. Coproduzione internazionale fra Portogallo, Francia, Spagna e Svizzera. 6,5/10.
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