Regia di Patrice Toye vedi scheda film
L’esperienza di documentarista per la televisione di Patrice Toye, 32 anni, belga al suo esordio nel lungometraggio, è evidente nella capacità di filmare le strade vuote, i caseggiati tristi, i prati spogli, il cielo grigio, gli interni modesti delle abitazioni, la vecchia impalcatura sulla quale Rosie si isola leggendo o sogna di volare. Sogni a occhi aperti, elaborazioni tenaci e indifese della fantasia che spostano, nelle varie scene, il baricentro del film e accompagnano le giornate della protagonista. Una ragazzina tredicenne molto legata a una madre troppo giovane e inquieta, che pretende di essere la sorella maggiore e non vuole essere chiamata mamma. Questo amore irrisolto e complicato spinge Rosie a costruire un mondo immaginario dove si può incontrare un compagno di giochi, Jimi, e di piccole trasgressioni, si può rapire una bambina e chiamarla Elvis (una delle sequenze più riuscite), si può ballare da sola sulle note di una canzone orecchiabile. Una felicità senza molti desideri esplorata con delicatezza, garbo e qualche flashback di troppo con la macchina da presa puntata sul volto duttile della giovanissima Aranka Coppens.
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