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Nightmares - Incubi

Regia di John D. Lamond vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Nightmares - Incubi

di undying
3 stelle

Il regista dello scarso Felicity - Sexy adolescenza, ispirato da Hitchcock, Argento e Cunningham, cambia tematica e affronta il thriller. Nonostante la differenza di genere, immutato rimane il risultato finale. Un altro, pessimo, esempio di Ozploitation diretto da John D. Lamond.

 

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1963: mentre nota la madre amoreggiare in macchina con un uomo, la piccola Cathy è causa di un incidente mortale, nel quale il genitore perde la vita in conseguenza dei vetri infranti del parabrezza. Nel 1980, ormai cresciuta, Cathy muta nome in Helen (Jenny Neumann) ed è impegnata come attrice in una compagnia teatrale. Le coppie in effusioni amorose, che le gravitano attorno, iniziano a morire per mano di un sanguinario assassino, che fa uso di schegge di vetro come arma dei delitti.

 

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Jenny Neumann in Nightmares (1980)

 

Dopo avere diretto il pessimo Felicity - Sexy adolescenza (1978), l'australiano John D. Lamond cambia completamente genere e tenta di dedicarsi all'horror. Ha bene in mente Psycho di Hitchcock, mentre il successo di Venerdì 13 (uscito nel maggio dello stesso anno) non può non averlo suggestionato. È molto probabile poi che abbia visto alcuni gialli italiani, perlomeno i primi di Argento. Tutte influenze cinematografiche che confluiscono (male) in questo brutto Ozploitation (definizione che delimita la categoria dei low budget australiani) dal titolo Nightmares (da non confondere con un quasi omonimo film di Romano Scavolini, girato in America nel 1981).

Il trauma del killer, associato alle mani guantate, le soggettive e le sue risatine isteriche (da Argento), si accoppia alla schizofrenia di Norman Bates (Cathy/Helen parla con se stessa, mutando tono di voce); mentre i feroci delitti, compiuti quando le vittime amoreggiano, arrivano dritti dritti da Venerdì 13. A confermare quanto Hitchcock e il film di Cunningham siano stati modello di riferimento per Lamond -oltre ad una colonna sonora che plagia Hermmann e Manfredini- sta il delitto (sul finale) della ragazza nuda, in fuga all'esterno di un edificio: compiuto sotto una pioggia scrosciante (e inquadrato con veloci stacchi e cambi di ripresa) e riproposto in un analogo montaggio a quello celeberrimo, sotto la doccia, in Psycho.

 

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John D. Lamond

 

Considerati i referenti di Lamond (suo il soggetto) si potrebbe dunque immaginare di trovarsi di fronte ad un film che, seppur poco originale, possa quantomeno essere un divertente esempio di prodotto emulativo. Nulla di tutto questo: la pessima fotografia, in grado di rendere più spesso indecifrabile quel che accade sullo schermo, va di pari passo con le scialbe interpretazioni, mentre una lunga fase centrale (tutta ambientata in teatro e con dialoghi penosi) annulla l'effetto del movimentato incipit e dell'adrenalico finale. Dopo questo disastroso thriller, il regista ritenta (mutando ancora target, dandosi alla commedia) per una manciata di volte a dirigere qualche altro film, fino a chiudere definitivamente una scarna carriera (sette regie in totale) di certo non memorabile.

 

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Manifesto del film, circolato anche con il titolo alternativo di Stage fright

 

"La vita è un sogno? Se fosse un incubo avrebbe una fine felice. Il risveglio." (Markku Envall)

 

F.P. 27/02/2020 - Versione visionata in lingua italiana (durata: 79'25")

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