Regia di Elisa Amoruso vedi scheda film
FESTA DEL CINEMA DI ROMA 15 - RIFLESSI
Figli trattati come dei pacchi, amati certo, ma trasportati verso nuove vite o sistemazioni che i giovani, succubi di eventi più grandi di loro, mai minimamente si sono sognati di chiedere o anche solo desiderare.
La storia del cambiamento di vita improvviso e forzato, e dell'inizio del disagio che prova la giovane Nina ad adattarsi nel nuovo habitat piuttosto ostile, parte dalle vicissitudini di un padre faccendiere e brigantello a cui la banca pignora la casa, costringendo moglie succube e perennemente sulla difensiva, e i due figli ancora bambini, a trasferirsi in un quartiere popolare, ove cercare di integrarsi, per sopravvivere in quella giungla di cemento e anonime aiuole trascurate che costituisce il loro forzato, inevitabile nuovo orizzonte di vita.
L'amicizia di Nina con una coetanea straniera, adottata da una donna italiana ma di origine delle Antille francesi, nonché tipo scontroso ma determinato che si rifiuta di profferir parola in italiano, metterà in condizione la piccola di formarsi a livello di carattere e di consapevolezza, fornendole altresi l'occasione propizia per afferrare le incognite di un mondo che imparerà a riconoscere come tutt'altro che benevolo, ma entro cui si trova costretta suo malgrado a vivere.
Dalla regista resa celebre in seguito al recente documentario di successo incentrato sul fenomeno mediatico per eccellenza chiamato Chiara Ferragni, Maledetta Primavera si troverà anche a sfruttare un appiglio autobiografico vissuto in prima persona dall'autrice, ma si perde banalmente a tratteggiare personaggi scontati, simili a appannate diapositive, crogiolandosi attraverso luoghi comuni piatti e visti mille volti, in occasione dei soliti coming of age di cui è ingolfato molto cinema italiano, sempre autolesionisticamente in cerca di spunti uguali a se stessi, senza una vera ricerca di stile e di tecniche di narrazione.
La necessità poi di un titolo come Maledetta primavera, utile solo a promettere di ritrovare al suo interno la famosa omonima canzone, tra l'altro datata ben orima dell'epoca in cui si svolge la vicenda, costituisce unavruffianata in più che non può far altro che infastidire ulteriormente. A ben poco, inoltre, servono le gigionerie a profusione, appannaggio degli attori navigati presenti nel cast, in cui primeggia Giampaolo Morelli nel ruolo del padre faccendiere.
Né contribuiscono a granché, anzi peggiorano la situazione, i sospiri rassegnati di una Ramazzotti sempre identica al suo cliché ormai logoro di donna sofferente, ma devota al destino sacrificale a cui mai, in nessuna situazione, riesce a sottrarsi in occasione di ogni ruolo che ce la vede coinvolta. Maledetta primavera dinque, già dal titolo, minaccia ciò che promette e alla fine riserva, riducendosi ad un compitino di carinerie e nostalgie diligentemente confezionato, ad uso e consumo di un pubbligo di facile presa, che rifugge ogni stimolo e novità narrativa, preferendo la rassicurante lezioncina di buoni sentimenti confezionati con scaltrezza e scontata professionalità.
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