Regia di Wim Wenders vedi scheda film
Sull'onda della riscoperta a livello planetario (con tanto di concerti in giro per il mondo intero) della musica e dei musicisti tradizionali caraibici, Wenders vola di corsa - appena può, si intende - a Cuba e coglie l'attimo per filmare un po' di esibizioni e di interviste. Fuori tempo massimo (il disco Buena vista social club usciva ben due anni prima) arriva così il film che rivela anche ai meno attenti il talento del novantenne Compay Segundo e dei suoi amici e seguaci. Tanta musica in questa pellicola, forse troppa: conoscere un po' più da vicino e a fondo i personaggi che vediamo e ascoltiamo suonare, forse, sarebbe stato anche più interessante; ciò che a ogni modo colpisce maggiormente nell'osservare l'approccio alla musica e alla vita da parte di questi musicisti completamente autodidatti e mediamente sull'ottantina di anni, è la semplicità, la naturalezza con cui essi stanno sul palco: la medesima che sfoggiano durante le interviste e i momenti colloquiali del film. Buena vista social club (dal nome di uno storico locale cubano, non più esistente) nasce da un'idea di Nick Gold e arriva a un soffio dall'Oscar come miglior documentario. Volendo essere puntigliosi, comunque, meglio di un lavoro sulla moda musicale del momento sono gli analoghi documentari di Mika Kaurismaki sui semisconosciuti ritmi e balli sudamericani (Moro no Brasil, Brasileirinho). 6/10.
Documentario sulla musica tradizionale cubana e i suoi interpreti.
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