Regia di Fritz Kiersch vedi scheda film
Due giovani percorrono le strade assolate e deserte della profonda provincia americana, quando, fortuitamente investono il cadavere di un ragazzo in una stradina circondata da distese di grano. Cercheranno aiuto ma troveranno città deserte e devastazione ovunque.
Ennesima trasposizione cinematografica dei racconti di Stephen King e dei suoi incubi della provincia americana, in questo caso tratta dalla sua prima raccolta di racconti “A volte ritornano” del 1978 (titolo della novella “I ragazzi del grano”) e, probabilmente, una fra le più deboli. La lunga sequenza iniziale dell’arrivo dei protagonisti nell’agricolo Nebraska, nella zona centrale della “Bible Belt” americana, ed il loro girovagare tra immense distese labirintiche di granoturco rimane la parte (quasi carpenteriana) più convincente del film: la mancanza di prospettiva data dalla (verde) piattezza dell’orizzonte e dalle stradine deserte, che ne rappresentano il tenue e polveroso tessuto circolatorio in contatto con il lontano cuore della civiltà, produce nelle povere anime in viaggio e nello spettatore una crescente sensazione di claustrofobia e di terrore. E l’ulteriore introduzione nel pieno del racconto, la punizione del “Vecchio”, è ben orchestrata e angosciante, con la originale scelta di concentrare la visuale sulle armi improprie dei giovani assalitori e sulle propaggini corporee tese in movimenti felini, prima preparatori e poi bruschi e repentini. Ove il livello qualitativo della pellicola scende inesorabilmente, è nella parte centrale; tutta la tensione accumulata nel lungo incipit, infatti, si stempera in soluzioni trite e senza il minimo pathos, caratterizzate da sterili inseguimenti e situazioni scolastiche già nel 1984, data di uscita della pellicola. Tutto il cast, poi, offre una prova al di sotto del livello minimo di decenza, forse a causa della giovane età di tutti i protagonisti (come l’imberbe e graziosa Linda Hamilton) e anche gli effetti speciali sono risibili e imbarazzanti perfino per l’epoca. Un peccato, l’ispirazione poteva essere sfruttata meglio, sulla base del lavoro dello scrittore (ispiratosi, credo, a “Il signore delle mosche” di William Golding) dal finale violento e pessimista, evitando le eccessive banalità da film per ragazzi.
Granosa.
Mediocre, ma con qualche guizzo.
Graziosa.
Inadatto.
Pastorale.
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