Regia di Ebrahim Golestan vedi scheda film
Qualche premessa è doverosa. Il film è stato girato da Ebrahim Golestan, regista iraniano, nel 1965 ma è stato recentemente restaurato, è girato in bianco e nero e disponibile solo in lingua originale con sottotitoli. Dunque bisogna avere una certa predisposizione alla visione. La trama si sviluppa nel corso di una giornata, quando un tassista di nome Hashem accompagna una giovane donna in una zona isolata della città. Qui l'uomo, dopo che lei è scesa dall'auto, si accorge che sul sedile posteriore c'è una bambina in fasce. Immediatamente si precipita a cercare la donna che però sembra essersi dileguata nel nulla. Il tassista comincia così una sorta di odissea tra gli amici che lo prendono in giro e gli mettono in testa mille dubbi, la stazione di polizia dove i poliziotti sono troppo impegnati per risolvere il problema, la fidanzata che identifica nella neonata l'elemento che la legherà per sempre ad Hashem, il tribunale e l'orfanotrofio.
La vicenda è sostanzialmente una scusa che permette al regista sia di regalarci dialoghi ispirati e riflessioni sulla società iraniana dell'epoca (ben diversa da quella retrograda e chiusa, figlia della rivoluzione religiosa degli ayatollah) sia di sperimentare. Il film alterna lunghi piani sequenza nelle scene di dialogo a un montaggio serrato in alcuni passaggi, inquadrature ardite con repentini zoom (come in una delle scene iniziali mentre Hashem si muove tra scale e scalinate) e focus sul volto di un personaggio mentre il dialogo avviene fuori campo.
Mattone e specchio è un film interessante, a tratti quasi didattico sia a livello cinematografico sia storico, non sempre facile da digerire – su tutte valga l'infinita sequenza di bambini piangenti dell'orfanotrofio che si protrae per svariati minuti – ma dai dialoghi coinvolgenti e a tratti poetici. Di sicuro una visione non per tutti.
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