Regia di Bruno Dumont vedi scheda film
FESTIVAL DI CANNES 74 - CONCORSO
"Oui mais c'est mon cœur qui est malade, docteur".
France de Meurs è la donna televisiva del momento: splendida donna già fisicamente, ma non meno intelligente, tenace, astuta, giornalista dal fiuto sopraffino, pupilla del Presidente Macron, intrepida ed infaticabile protagonista del suo lavoro che cura in ogni fase e sfaccettatura, spaziando senza risparmiarsi dalla cronaca come coraggiosa inviata in territori di guerra, sia come conduttrice di approfondimenti giornalistici da prima serata.
Una "Lilli Gruber" appena trentenne che ogni francese considera come una vera istituzione. Tuttavia un banale incidente che causa il ferimento di un motociclista per sua responsabilità, fa sì che il cinismo e la sicurezza che rendevano France la regina della TV informativa, subiscano un improvviso punto di arresto in cui la giovane professionista sentirà per la prima volta l'esigenza di rimettersi completamente in discussione, tra crisi esistenziali ed il crollo dei valori consolidati come quello di una armonia familiare che si rileva tutt'altro che a prova di bomba.
L'ultima fatica di Bruno Dumont si sviluppa sotto forma di pamphlet satirico e melodrammatico girato con effetti all'antica che omaggiano i maestri del cinema che fu (soprattutto nelle scene di guida con sfondi volutamente e vistosamente posticci).
Si tratta anche dell'opera più mainstream di Dumont, che si sofferma su tematiche morali note ed eticamente classiche come la gestione della propria celebrità, l'etica della diffusione al volgo delle notizie e del racconto della verità dei fatti, troppo spesso stravolta, edulcorata o sistemata ad arte per rendere più appetibile e remunerativamente commerciabile ed appetibile la news.
Dumont mai così mainstream, si diceva poco sopra, e certo meno graffiante e più addomesticato che mai, che rinuncia per questo un po' ad essere il Dumont intransigente e selvaggio che conosciamo dai tempi di La vie de Jésus, ma che non riesce nel contempo a fare a meno dei suoi adorati ed essenziali visi dallo sguardo vacuo, a volte inetto, quasi sempre strutturalmente asimmetrico, e che così bene si addicono a rappresentare idealmente il popolo oppresso e turlupinato.
Una massa a cui anteporre il viso ed il fisico sinuoso e perfetto di una Lea Seydoux smagliante e per questo suo ruolo da protagonista assoluta, in odore di Palma per la migliore interpretazione.
Una sirena di perfezione, questa France de Meurs, che diventa paladina astuta, opportunamente lacrimevole e inarrendevole al servizio di un popolo ingenuo e gibbonesco di svariati P'tit Quinquin destinati ad adorarla e a farsi raccontare solo ciò di cui han necessità di sentire.
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