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France

Regia di Bruno Dumont vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su France

di berkaal
5 stelle

Non si può certo dire che Bruno Dumont sia manicheo. L'eponima protagonista vive nel lusso, accetta l'ipocrisia del mondo dell'informazione ma si corruccia se tampona un ragazzo di bassa estrazione sociale, addirittura si pente, lascia la televisione, si deprime, viene ricoverata in una clinica di lusso dove tradisce il marito senza battere ciglio, poi ci ripensa, torna sotto i riflettori, sfrutta il dolore degli emigranti, finge di dividere la traversata con loro ma evita accuratamente di mescolarsi alla vile plebaglia e preferisce in realtà farla su un motoscafo con ogni comodità, poi non fa una piega quando perde marito e figlio in un incidente stradale, e alla fine, forse, si innamora di chi, giornalista come lei, l'ha tradita e sfruttata per ricavare uno scoop ma, a sua volta pentito, dice di amarla. Una scintillante lezione di morale elastica, o si potrebbe forse definire congiunturale, da plasmare in base alle insindacabili esigenze del momento. Non si può nemmeno dire che il ritmo sia frenetico e convulso. Il regista ci dice alcune cose più volte, troppe volte, come l'anziano che insiste su un concetto che abbiamo già metabolizzato, o come chi vi racconta una barzelletta portandovi all'esasperazione descrivendo la stessa identica situazione, mentre aspettate in grazia che arrivi alla conclusione. Inoltre, alla fine di una battuta la camera indugia spesso sul viso muto di chi l'ha appena pronunciata per alcuni, troppi, lunghissimi, interminabili secondi, che generano imbarazzo e disagio e fanno chiedere "perché?". Con mezz'ora in meno di durata il film sarebbe risultato più fluido. Il tocco del regista è anche onirico, le scene girate all'interno di un'auto (parecchie, in verità) si servono tutte di fondali proiettati, come negli anni '50, improbabili interni espansi che richiamano l'espressionismo e parti di auto mancanti, come il montante del parabrezza, che svaniscono magicamente. Più che la narrazione dinamica di una vicenda, ci si trova di fronte alla descrizione statica di un quadretto, ma a questo punto valeva la pena rischiare molto di più.

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