Regia di Bruno Dumont vedi scheda film
France de Meurs è una famosa giornalista e conduttrice tv francese; reporter d'assalto, specializzata nei servizi girati in zone di guerra, vive la sua popolarità, bellezza e ricchezza con sempre maggior disagio. Finché per distrazione investe un motociclista e decide di cambiare vita, dedicandosi ai meno fortunati. Le sue buone intenzioni però non riescono ancora a sovrastare i sensi di colpa che continuano a pervaderla.
È un cinema dell'inquietudine, quello di Bruno Dumont, che in France – con una sua sceneggiatura – decide di raccontare il travaglio interiore di una donna di successo perseguitata dai sensi di colpa; Léa Seydoux è l'eccellente protagonista, algida e impermeabile alle emozioni fino a quando la scintilla interiore scocca e la fa andare in corto circuito: un'interpretazione davvero complessa e ben riuscita all'interno di una storia piuttosto densa di avvenimenti, quantomeno per la media del regista. La durata del lavoro sconfina infatti di circa un quarto d'ora oltre le due ore, ma quello che principalmente colpisce è la quasi totale mancanza di ironia nel sottotesto, cifra stilistica di Dumont. A ogni buon conto però non viene tralasciato il freak della situazione (altra costante del cineasta francese), con l'inserimento nel cast di Jawad Zemmar in un ruolo a dir poco alienato, stralunato alla massima potenza. Compaiono inoltre Benjamin Biolay, Blanche Gardin, Alfred de Montesquiou e il piccolo Gaetan Amiel. Due le scene fondamentali del film: quella di apertura, per il mirabile lavoro di montaggio, di audio e di postproduzione digitale che riesce a far sembrare totalmente credibile la presenza della protagonista a una conferenza stampa di Emmanuel Macron; e quella dell'incidente stradale, volutamente parossistica (e qui si riconosce Dumont), nella quale risalta l'ottimo lavoro eseguito per la colonna sonora da Christophe – a cui peraltro la pellicola è dedicata, essendo morto poco prima della sua uscita. France è forse un'aperta critica alle debolezze di una nazione – altrimenti quel titolo risulterebbe fin troppo svuotato di retorica – e alla mancanza di senso del contemporaneo 'star system' nel quale menzogna e popolarità, risalto e inganno si intrecciano costantemente. 6/10.
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