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France

Regia di Bruno Dumont vedi scheda film

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La recensione su France

di mck
8 stelle

“Europa ‘21”, ovvero: “Il peggio è il meglio.”

 

 

Messa in scena nella 13ª opera (lungometraggio o serial) scritta e diretta da Bruno Dumont e incarnata da una magnifica Léa Seydoux, la Vie de France de Meurs [letteralmente: Itala (in memoriam: “Boris”) di Muoio/Muori, e per assonante affinità: dei Morti] nell’anno 2019…

- trasfigurata nella resilienza manifesta di Adèle (andare, camminare, lavorare), la sua controparte kechichesca, e, professionalmente parlando, ritratta come un mash-up composto in parti uguali da Dietlinde Gruber (che, invitata ad un galà del gruppo Bilderberg, finisce per ritrovarsi ad una tavolata sedut’accanto ad una via di mezzo fra Oscar Giannino e Riccardo Puglisi: se esistesse un inferno all’inferno io me lo immaginerei così), Fabrizio “Bilal” Gatti (passante dalla filologica serietà di “Un Unico Destino - A Sea of Shame” alla ripresa delle argomentazioni mediatiche espresse dal “documentario nel mockumentario” del "Re(d)Acted" di De Palma espandendolo a making of per poi farlo detonare con un fuori onda andato in onda) e Chiara Ferragni (così, perché sì), mentre per l’oltr’alpe, l’oltre Manica e l'oltre Atlantico i nomi son quelli di Laurence Ferrari, Christiane Amanpour e Clarissa Ward -

…còlta mentr’è intenta a cercare un po’ di Nord Africa, Medio Oriente e Caucaso nello ionico entroterra collinare metapontino, fra un drone ed un cecchino, è “l’Humanité” - con impronte sensoriali alla Haneke, Seidl, Solondz, Denis, Moretti - che collassa in QuinQuin/CoinCoin.

 


Accanto a lei, un’eccellente(mente insopportabile) Blanche Gardin e un ottimo Benjamin Biolay. Comparsata in territorio di relax thomasmann-angelamerkeliano per Juliane Köhler. E un superficial not fake per Emmanuel Macron alle prese con la mandria dei gilets jaunes e iperrealisticizzato da un falso schiacciamento di un teleobbiettivo inesistente.


Fotografia nuda e cruda, tanto atona quanto sovraesposta, di David Chambille (“Jeanne”), montaggio di Nicolas Bier, con la supervisione dello stesso Bruno Dumont (che qui esprime - dopo una didascalica sequenza incidentizia prepotentemente portentosa - uno dei più possenti e maestosi controcampi del cinema degli ultimi anni: dai brulli calanchi di terra rossa lungo la costiera mediterranea alla collinetta su cui poggia il Cimetière du Père-Lachaise nel XX arrondissement entre les murs), e musiche, meravigliose, composte e vocalizzate da Daniel Bevilacqua (1945-2020), in arte Christophe (“Jeanne”), più “le Désastre des Eaux Claires” di Sabine Happard in 3 differenti arrangiamenti/versioni.


Produzione europea (franco-italo-tedesco-belga), da ARTE alla RAI, passando per Rachid Bouchareb, Fabrizio Mosca, Andrea Paris e Matteo Rovere, e appoggiandosi a vari scudi fiscali e commissioni cinematografiche territoriali.

 

 

Mare Nostrum → Triton → Frontex.


Europa ‘21”, ovvero: “Il peggio è il meglio.”

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