Regia di Craig Brewer vedi scheda film
“Cammini come un pappone americano.” - “E tu ti vesti come uno schiavo del futuro. Sei sputato il vecchio Jar Jar Binks.”
Fare in modo che il grande pubblico, quello che manco sa chi sia John Landis, possa non rimpiangere John Landis: questo era il basilare, agognato punto di partenza e d’arrivo per qualunque regista che avesse voluto dare un sèguito a “Coming to America”, e “Coming 2 America”, diretto dal bianco e ricco Craig Brewer
[“the Poor & Hungry”, “Hustle & Flow”, “Footloose”, “Empire” e, soprattutto, per quanto riguarda l’incrocio razziale, “Black Snake Moan”, in cui una giovane ninfomane bianca, Christina Ricci, viene coscientizzata - con l’uso di catene - da un vecchio bluesman nero, Samuel L. Jackson (in un piccolissimo ruolo già nel "CtA" capostipite), in Tennessee - stato del Sud degli U.S.A. appartenente alla Florida e confinante col Texas, per dire -, al giorno d’oggi],
ch’è tornato a lavorare con Eddie Murphy sùbito dopo “Dolemite is My Name”
(film che ha segnato la terza rinascita artistica - perché quella commerciali non sempre viaggiano parallele - dell’attore newyorkese che mosse i primi passi importanti sull’assito del SNL: dopo “Trading Places”, i due “48 Hrs.” di Walter Hill, i tre “Beverly Hills Cop”, il progetto molto personale di “Harlem Nights” e il “Vampyre in Brookline” di Wes Craven, il primo “stop” con “the Nutty Professor” e “Dr. Doolittle”, cui seguirà un primo tentativo di ripresa con “Bowfinger”, al quale farà eco dallo sprofondo “Pluto Nash”, ed eccoci arrivati - di concerto con la saga di “Shrek” - al secondo riavvio con “Dreamgirls” e “Tower Heist” ai quali, più che progetti sbagliati, seguirà il silenzio, almeno fino al terzo gran ritorno avvenuto col già citato making of di finzione della crime comedy blaxpoitation di Rudy Ray Moore e D’Urville Martin del 1975),
assolve in pieno a questo còmpito prefissato mettendolo in scena
(le radici e l’impiantito appartengono ai caratteri originali inventati all’epoca da Eddie Murphy, e gli sceneggiatori del tempo, Barry W. Blaustein e David Sheffield, basandosi su un loro nuovo soggetto redatto in collaborazione con Justin Kanew, scrivono il film con Kenya Barris)
con lodevole fluidità.
Ma ora basta con questi accenti superflui, e diamo il palco a Randy Watson e ai suoi Sexual Chocolate!
E con loro, tutta la Banda: Arsenio Hall, James Earl Jones, Shary ♥ Headley, John Amos, Loui Anderson, Vanessa Bell, Clint Smith, Paul Bates...
Con le new entry: Jermaine Fowler, Wesley Snipes, Leslie Jones, Tracy Morgan, KiKi ♥ Layne, Nomzamo ♥ Mbata, Teyana ♥ Taylor, Bella Murphy, Akiley Love, Rotimi e… Morgan Freeman.
E Madge Sinclair (1938-1995) è come se fosse lì: il film lo risolve “lei”, con l’aiuto di un McFlurby.
Poi, tra le decine di citazioni e riferimenti, da segnalare almeno il cameo, pittorico, dei fratelli Duke di “Trading Places” (Ralph Bellamy e Don Ameche). A loro, come a tutti gli altri: “See You Next Wednesday!”
"Più Bopoto per tutti!", ↓⇓↓⇓↓, ma intanto ho scoperto, googolando, e senza connessioni col film in questione, Oliver Mtukudzi.
Un bel controcanto al buon “Black Panther”.
* * * ¾
- You walk like an American pimp.
- You dress like a slave from the future. Old Jar Jar Binks lookin-ass.
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