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Il talento del Calabrone

Regia di Giacomo Cimini vedi scheda film

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La recensione su Il talento del Calabrone

di Furetto60
6 stelle

Thriller al cardiopalma. Ottimo Castellitto, in sordina Foglietta.

Nell’incipit, la visione notturna di una “Milano da bere” conosciamo Steph, giovane DJ radiofonico, sulla cresta dell’onda, che radiotrasmette tutte le sere il programma "Big Time”, da una modernissima e tecnologica stazione radio; il frivolo conduttore egocentrico e megalomane, come si conviene al personaggio, riceve diverse chiamate dalle innumerevoli fan, alle quali risponde con messaggi banali e melensi, c’è anche in corso un demenziale concorso a premi, con in palio due biglietti per un concerto. La regia che smista le chiamate, gli passa quella di un bambino di 9 anni, ma a sorpresa, si ritrova in linea un certo Carlo, un adulto inserito abusivamente sulla frequenza dell’emittente, il quale sembra poco cordiale e cosi Steph si accinge a  passare ad un’altra telefonata, quando costui lo ferma comunicandogli che è in giro per Milano, con un ordigno esplosivo in auto ed è pronto a farsi saltare in aria, addirittura in diretta e coinvolgendo chiunque si trovi accanto, se la telefonata dovesse essere troncata, non solo Steph deve assecondare le stravaganti  richieste musicali, delle particolari esecuzioni di Bach e Beethoven;a dimostrare la  credibilità dei suoi intenti ,Carlo fa esplodere una bomba in uno dei grattacieli vicini, nessuna vittima perché è disabitato, tuttavia è la prova che fa sul serio. La città piomba nel panico, tutti si collegano ai social della radio, commentando ciò che accade con l’hashtag #bombamilano, lo share si alza, la redazione esulta e il dialogo tra il terrorista e Steph diventa sempre più serrato. Nel frattempo nella sede della radio irrompono le forze dell’ordine, guidate dal Tenente Colonnello Rosa Amedei alias Anna Foglietta, mentre la surreale conversazione va avanti. il nickname, che usa Carlo è “Il Calabrone”;grazie ad una ricerca telematica incrociata, gli agenti lo identificano; è uno stimato professore di fisica, colto ed elegante e di lui riescono a intercettare una sua lezione universitaria in cui spiega la singolare teoria del Calabrone, il cui autore sarebbe, secondo la vulgata popolare, proprio  Einstein: per le leggi dell’aerodinamica la struttura fisica del calabrone non gli consentirebbe di volare, eppure, questo insetto vola, come fa? È semplice non lo sa e quindi vola lo stesso. L’arguta argomentazione si propone come metafora, per aprire uno spiraglio sullo scientificamente inspiegabile.  Alcuni flashback ci raccontano che nella vita di Carlo c’è stata una tragedia. Lo vediamo in brevi clip giocare con la moglie e il figlio e poi scopriamo che quest’ultimo si è suicidato e successivamente anche la consorte è morta, probabilmente in seguito al dolore per la perdita del figlio. Una vita, disperata, quella di Carlo, che non ha più niente da perdere; dunque in cerca di vendetta, anzi, di giustizia, svela che Il figlio, un musicista talentuoso, si era suicidato a causa di ripetuti atti di bullismo subiti. Ed è qui che arriva il vero colpo di scena, che naturalmente non si svela.  Appropriandosi di una tematica profondamente attuale, il regista Cimini riesce a esprimere il dramma umano, di chi ha vissuto una situazione cosi tragica, da destabilizzare il proprio equilibrio psichico e trasformarsi in un potenziale “mostro”. C’è una buona costruzione della tensione e il climax è felicemente raggiunto, in questo atipico thriller, l’ambientazione claustrofobica rende suggestiva l’atmosfera, conferita dalle luci al neon di Maurizio Calvesi e dal ritmo vertiginoso impresso dal montaggio di Massimo Quaglia. Castellitto come al solito offre un’intensissima e vibrante interpretazione, meno smagliante la prova di Foglietta; tuttavia nel complesso è buono l’esordio di questo regista, complice anche la ripresa di una Milano notturna, che nel suo assetto urbanistico è il prototipo ideale, di una qualunque metropoli dove si consuma la tragedia di “un uomo qualunque”. La sceneggiatura dello stesso Cimini e di Lorenzo Collalti usa con perizia alcuni cliché del genere per connotare questo noir, in sostanza un incubo ad occhi aperti, che dura lo spazio di una notte

 

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