Regia di Brandon Slagle vedi scheda film
Horror conventuale ambientato nei primi anni del XX° Secolo, realizzato a basso budget da un regista che ha più volte praticato il genere. Senza mai riuscire a farsi notare. Anche The dawn figura nello standard -anonimo- dell'autore, privilegiando un tipo di sviluppo intimista, privo di effetti speciali e con una deriva finale incomprensibile.
Pennsylvania, 1922.
Reduce dalla Prima guerra mondiale, William (Jonathan Bennet) soffre di ripetute visioni e incubi che turbano la quiete familiare sino a quando, una notte, armato di un martello compie una strage: uccide, cogliendoli nel sonno, prima la moglie, quindi due bambini. La terza figlia, Rose (Teilor Grubbs), svegliata dai rumori tenta di fuggire precipitandosi fuori casa. Raggiunta dal padre, riesce a mettersi in salvo grazie al provvidenziale intervento del nonno, che si risolve in una colluttazione nella quale perdono la vita entrambi i contendenti. In quanto tragicamente orfana, la polizia locale indirizza quindi Rose al convento di Saint Johns, nel quale viene ben accolta da padre Theodore (David Goryl) e madre Agnes (Heather Wynters).
Passati dieci anni Rose (Devanny Pinn), invece di prendere i voti, inizia a soffrire di allucinazioni (acustiche e visive). Sintomi che l'hanno accompagnata sin dal primo giorno che è entrata in convento ma che ora assumono maggior peso e si manifestano con estrema frequenza.
"Ho perso il senso del tempo. Non distinguo tra passato e presente, tra bene e male", confessa a padre Theodore. Repentinamente Rose sprofonda nel delirio, convinta di udire voci che le suggeriscono di uccidere. Rose colpisce quindi a morte proprio Theodore, mentre padre Jeremiah (Ryan Kaiser), che da tempo sospetta essere in atto una possessione, chiede l'intervento di Henry, parroco esperto d'esorcismi.
Tick tock, tick tock, tick tock: la scansione meccanica -e temporale- delle lancette negli orologi a parete, riprese più volte durante la narrazione, sembra sottolineare l'inarrestabile corso di un progressivo stato paranoico delirante, che si va facendo strada nella mente della sventurata protagonista, apparentemente sola superstite di un massacro familiare, di fatto unica vera vittima di una malattia che si trasmette per via genetica. Il padre, infatti, per quanto turbato dalla drammatica esperienza della guerra, probabilmente già portava nel sangue una patologia terribile, invisibile, alla quale la stessa medicina tende non dare il necessario peso e che, molto vagamente, viene definita "follia". Questo sembra essere il piano di lettura alla base di The dawn, film indipendente scritto e diretto da Brandon Slagle, regista di horror qui non più al debutto avendo in curriculum almeno nove titoli, al netto di alcuni cortometraggi. La scelta di girare un horror conventuale ambientato in tempo passato e l'approccio minimalista, con delitti commessi fuori campo (quasi nulli gli effetti speciali), va a favore di una storia intimista, messa in scena da un regista che sembra volersi emancipare dalla tendenza più estrema, intrapresa dal genere negli ultimi anni.
Molto elegante nella confezione, con rifacimento di costumi, ambienti, oggettistica e mezzi (il treno a vapore) d'epoca, The dawn contrappone alla precisa e attenta ricostruzione vintage una certa ripetitività data da un soggetto non certo originale. Soggetto peraltro sviluppato in una sceneggiatura che oscilla nella cronologia dei fatti, mostrando -troppo spesso e a volte confusamente- eventi futuri sovrapposti a quelli presenti e passati. L'intenzione di giocare filosoficamente con il concetto di tempo, evidentemente nell'ottica di rendere più verosimile l'effetto di disorientamento che colpisce anche nella realtà il malato di mente, sembra sfuggire di mano all'autore, in particolare nella decisione di puntare su un finale arruffato e poco decifrabile, lasciato ad una serie di didascalie in chiusa che, anticipate dalla scritta The -Amityville- dawn, collegano molto arbitrariamente i fatti alla casa di Ocean Avenue 112, tirando in ballo anche Ronald DeFeo e il (purtroppo reale) massacro del 1974 compiuto, come da dichiarazioni dell'omicida deposte agli atti, sotto l'influsso di non meglio verificate "voci".
Detto però onestamente, The dawn è un film che scontenta il fruitore di horror, anche se può invece ambire ad essere seguito, con maggior interesse, da chi invece apprezza un tipo di cinema più drammatico e sotteso. Privo cioè di effetti disgustosi e contraccolpi acustici causa di "jumpscares" meccanici, frutto di (re)azione, unicamente data dal riflesso nervoso.
Premiato per la stupenda grafica del manifesto e per l'eccellente performance di Devanny Pinn, il film ha letteralmente diviso gli utenti dell'imdb che si sono posizionati su pareri esattamente antitetici. Come spesso accade, la verità sta nel mezzo, e in tal caso anche The dawn soddisfa questo proverbiale modo di dire. Dello stesso tipo, e quasi a pari merito, se attratti dallo splatter è però consigliato recuperare The convent.
"In nessun luogo l’uomo può trovare un rifugio più tranquillo o più sereno che nella sua anima." (Marco Aurelio)
F.P. 19/02/2020 - Versione visionata in lingua inglese (durata: 90'18" - Date del rilascio USA: streaming e theatrical premiere, 10/01/2020; home video: 25/02/2020)
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