Regia di Guillermo Del Toro vedi scheda film
Guillermo Del Toro double Bill
Il regista messicano torna alle sue atmosfere predilette con questo "Nightmare Alley" che è il secondo adattamento di un romanzo Noir/thriller psicologico di William Lindsay Gresham poco conosciuto in Italia, che già fu adattato per lo schermo nel 1947 con Tyrone Power protagonista. La trama del romanzo presenta sorprendenti affinità con l'universo poetico di Del Toro, a partire dall'ambientazione in un circo popolato di freaks nella prima parte, ma gli permette anche di fare una nuova ricognizione negli abissi dell'animo umano, una ricognizione spietata, pessimista, perfino truce come si evince dall'ultima scena che però ovviamente non vado a spoilerare. Stanton Carlisle è un disadattato rimasto traumatizzato da eventi personali che non vengono completamente chiariti, cerca una rivincita personale attraverso la pratica del "mentalismo" che però è soltanto la scorciatoia per organizzare truffe ai danni dei gonzi, come indirettamente suggerito da Pete (David Strathairn), e non riesce a fermarsi prima che il gioco diventi troppo pericoloso, anche perché sopraffatto dall'avidità e dalla sete di denaro. Non avendo visto la versione del 1947, evito qualsiasi paragone con quello che è considerato un film maledetto degli anni '40; in ogni caso, Del Toro ha la mano felice in molti particolari della complessa vicenda e riesce a conferire uno spessore melodrammatico e romanzesco convincente alla pellicola, che però appare comunque un po' troppo dilatata e leggermente prolissa in una durata di due ore e mezza, con una seconda parte che, per quanto sempre ammaliante nella veste figurativa, sul finale finisce per perdere qualche colpo, soprattutto nella scena risolutiva dell'ultimo colloquio fra Stan e la psicologa Lilith, purtroppo al di sotto delle ambizioni che il film riesce a mantenere per quasi tutta la sua durata. Ottimi contributi tecnici di fotografia, scenografia, montaggio e colonna sonora, fra gli altri, a dimostrare la sapienza della mise en scene di Del Toro, che riesce anche a dirigere benissimo un Bradley Cooper molto più convincente che in altre occasioni, uno Stanton di prorompente carnalità a cui l'interprete conferisce anche il giusto tormento, senza strafare e mantenendo il giusto equilibrio fra motivazioni psicologiche contrastanti. Fra gli altri si apprezzano anche una Rooney Mara di grande intensità e una Cate Blanchett al solito impeccabile in un personaggio forse un po' troppo sopra le righe. Nel complesso potrei dire che il film mi è piaciuto, ho trovato la regia stimolante e avvolgente, ma rispetto a "Il labirinto del fauno" o "La forma dell'acqua" avverto comunque un lieve passo indietro, come se il regista messicano abbia voluto andare troppo sul sicuro, rinunciando al poetico elogio della diversità delle opere precedenti per concentrarsi su una denuncia delle pulsioni più torbide dell'animo umano che in fin dei conti appare meno sorprendente.
Voto 7/10
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