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Qui rido io

Regia di Mario Martone vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Qui rido io

di yume
9 stelle

E' la storia del testimone che Scarpetta ha lasciato ai posteri, il ricordo della sua arte, delle sue innovazioni, i figli celebri, una sentenza che ha fatto storia, e un film che non smette di cantare, fino all’ultimo titolo di coda.

locandina

Qui rido io (2021): locandina

Se è vero come è vero, che “missione dell’arte è fissare il fuggevole dell’esistenza”, (Ricciotto Canudo in Reflections sur le septiéme art, 1927) il cinema, settima arte, prosegue instancabile la sua missione e con Qui rido io l’assolve egregiamente.

Sullo schermo del “cinematografo”, quel nuovo diabolico strumento che Scarpetta detestava, e si può capire perchè, scorre a distanza di un secolo la sua grande famiglia, summa del vivere napoletano, ritratto di una belle époque riveduta e corretta, dove ai raffinati saloni viennesi si sostituiscono interni debordanti kitch e opulenza, alla sacher torte si preferiscono babà e sfogliatelle, nei landò delle languide eroine di Schnitzler entrano prosperose e pettorute amanti dell’infaticabile produttore di figli e di commedie, Eduardo Scarpetta, in arte Felice Sciosciammocca.

Toni Servillo, Cristiana Dell'Anna, Salvatore Battista, Alessandro Manna, Marzia Onorato

Qui rido io (2021): Toni Servillo, Cristiana Dell'Anna, Salvatore Battista, Alessandro Manna, Marzia Onorato

Figli in incubazione, figli già cresciutelli riuniti in triade e pronti per la loro fama futura, i tre De Filippo, già da piccoli col destino segnato, figli sparsi in giro di cui quasi non resta traccia, moglie, amanti, serve, il clan Scarpetta è pura energia vitale che gode, ride, mangia e poi muore.

Martone li riporta a galla, è teatro dunque vita nella sua accezione più reale, è cinema come “ermeneutica del profondo”,il discorso interiore dello spettatore è messo in gioco, si ritrova, se sa quanto basta di Napoli, del suo parlare che “toglie peso e presunzione al verbo avere, dicendo “avimm”… raddoppia “primma” e “doppo” e dà così più consistenza al prima e al dopo” (Erri De Luca), una Napoli non oleografica che mette in scena miseria e nobiltà allo stesso livello, una Napoli che canta, il tessuto sonoro è dall’inizio alla fine intriso della grande canzone napoletana, un andirivieni sonoro ora in sordina ora in voce che fa da cornice alle storie, al caleidoscopio di storie dell’uomo e dell’artista.

Mandolino e chitarra, triccheballacche e collascione, le feste in villa Scarpetta furono memorabili, i fuochi d’artificio illuminavano il golfo,

Qui rido io, il nome della villa,era un posto magico, niente a che fare con il nerume soffocante del Vittoriale a Gardone.

E a proposito del Vate che imperversava in contemporanea con il teatro dialettale del popolo napoletano che aveva decretato la morte di Antonio Potito e del suo Pulcinella e dato fama eterna a Felice Sciuscammocca, creazione di Scarpetta, la disputa sulla figlia/figlio di Iorio occupò anni di vita dell’attore e mise a nudo quei mali tragici di cui il Paese non si sarebbe più liberato: presunzione e supponenza dei circoli intellettuali colti, retorica melensa sciorinata a piene mani da fini dicitori in tribunale e sulla stampa, collusione con la magistratura che, in uno scatto di orgoglio indipendente, ritrovò finalmente la strada maestra e sancì la vittoria di Scarpetta.

Parodia non è contraffazione, Il figlio di Iorio era un travestimento burlesco, “simile al canto”, come dice l’antica parola greca, non offende, non sbeffeggia, suscita la risata, solleva gli animi dalle tristezze della vita.

Toni Servillo

Qui rido io (2021): Toni Servillo

L’autoarringa finale di Scarpetta è il punto più alto del film che perde lungo la sua strada quella vis comica spontanea, semplice, che aveva caratterizzato la prima parte, quando la compagnia teatrale provava e metteva in scena le commedie che scatenavano l’ilarità incontenibile del pubblico.

Lungo quella strada ne erano successe di cose, ma la peggiore fu l’impatto con La figlia di Iorio.

Ad uno spirito libero e sorridente come quello di Eduardo, già il titolo scatenava ilarità, non poteva non farlo, il senso del comico a volte è una disgrazia, trattenere la risata una tortura.

Eduardo Scarpetta, Antonia Truppo

Qui rido io (2021): Eduardo Scarpetta, Antonia Truppo

E allora che si fa? Si va fin su dal Vate e si chiede il suo permesso.

E quello, in lunga vestaglia a ramage di seta, sorriso volpino e gran corteo di Muse, lo dà, a voce, sapeva bene, il furbo, che verba volant.

Per farla breve, ci vollero anni e una bella mente grande e serena come quella di Benedetto Croce per uscirne.

Tribunali, avvocati, giudici, una disputa infinita, fiumi di denaro, naturalmente, e intanto un velo cominciava a scendere sul viso di Eduardo.

Qualche tempo dopo la fine del processo abbandonò le scene, raccontano le didascalie.

Nel primo decennio del nuovo secolo la sua stella lentamente appassì.

Martone crea un singolare gioco sincronico/asincronico tra la rispondenza filologica della scenografia e dei costumi agli anni narrati e l’introduzione di musiche posteriori.

Dduie Paravise, del 1928, Indifferentemente del 1963, Carmela del 1976, le voci di Roberto Murolo e Sergio Bruni a noi contemporanee, le foto finali dei fratelli De Filippo nel pieno della loro carriera.

Voluta asincronia, è il testimone che Scarpetta ha lasciato ai posteri, il ricordo della sua arte, delle sue innovazioni, i figli celebri, una sentenza che ha fatto storia, e un film che non smette di cantare, fino all’ultimo titolo di coda.

https://www.youtube.com/watch?v=bUqLNsFY3R8

 

 

 

www.paoladigiuseppe.it

 

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