Regia di Mario Martone vedi scheda film
FESTIVAL DI VENEZIA 78 - CONCORSO Scarpetta ovvero il re della Napoli che si diverte e che frequenta il teatro come luogo ove dare sfogo alla propria passione per le maschere popolari.
L'uomo che fece passare di moda quel monumento del teatro leggero che trovò in Napoli il suo personaggio centrale in Pulcinella, fino a quando Scarpetta non lo fece adombrare a favore del suo Felice Sciosciammocca, che lo rese famoso e ricco, oltre che erede, naturale oltre che d'arte, dei tre grandi fratelli attori ed autori De Filippo (Titina, Eduardo e Peppino), figli mai riconosciuti ma nemmeno mai rinnegati né finanziariamente né tantomeno negli affetti.
Un uomo di successo che viveva con la paura che tutto ciò potesse finire come era iniziato, e per questo diffidente nei confronti di quel misterioso cinematografo e di quella nuova comicità (anche di personaggi come Totò) che poi, a tutti gli effetti, nacque dalla sua tradizione, dalla sua verve e dalla sua mimica nell'affrontare con esuberanza ed istrionismo il palco.
Dopo Il sindaco del rione sanità, tratto da De Filippo, questo Qui rido io è una sorta di seconda tappa dedicata dal grande autore al teatro della tradizione napoletana.
Nei panni del protagonista, impensabile poter immaginare qualcuno che meglio di Toni Servillo potesse prendere le redini di un personaggio così eccentrico e complesso, per restituirne così nel dettaglio il tratteggio e la sintesi.
Gigioneggiando, certo, ma a ragion veduta e a maggior gloria di un personaggio che ha fatto la storia della cultura napoletana a cavallo tra '800 e '900, amato incondizionatamente dalle folle, detestato dalla intellighenzia invidiosa e permalosa (leggasi D'Annunzio) del suo stile impagabile di parodiare in modo avuto e talvolta pure irriverente.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta