Regia di Mario Martone vedi scheda film
La tua libertà passa dalle tavole del palcoscenico è la battuta chiave con cui Eduardo De Filippo placa il fratello Peppino e lo introduce alla vita nell’arte e l’arte alla vita. Sono questi due giganti del teatro (e non solo), ritratti da bambini e testimoni oculari del padre capo-comico Eduardo Scarpetta (interpretato con misura da Toni Servillo) a restare nella memoria di “Qui rido io”. L’ultima opera di Mario Martone ritrae con acume e il consueto rigore la storia di Scarpetta: erede di Pulcinella, commediografo di successo (“Miseria e nobiltà”, “Il medico dei pazzi”), attore e regista di una compagnia di teatranti e familiari che farà scuola.
“Qui rido io” è stato all’unanimità riconosciuto quale film politico, perché il nocciolo principale è dato dalla controversia sorta all’indomani della parodia della seriosa opera di Gabriele D’Annunzio “La figlia di Iorio”, trasformata da Scarpetta (bellissima la scena immaginifica) in “Il figlio di Iorio”. Una imboscata organizzata da alcuni intellettuali seguaci del Vate (tra cui anche Salvatore Di Giacomo) alla prima della rappresentazione scarpettiana conduce la vicenda in tribunale. Parodia o contraffazione? Sarà Benedetto Croce (l’ottimo Lino Musella) ad illuminare Scarpetta e assolverlo dalla pretestuosa accusa. Sono sempre i servitori, la corte dei potenti (il poeta ieri, i politici sempre) a mettere i bastoni alla satira, la beffa, la burla, il ridere dei governanti. Come capitò allo spiritoso padre naturale e artistico dei De Filippo. Di questi ultimi, dicevo in apertura, è bello e interessante il ritratto di tutti e tre (anche la maggiore Titina). Eduardo, il talento curioso, corrucciato e maturo in erba; Peppino riottoso, selvatico, che dopo la rottura con i fratelli troverà in Totò un compagno eccezionale sul grande schermo. Sembra di vedere fin da piccolo il moralista Mazzuolo de “Le tentazioni del dottor Antonio” di Fellini o il Pappagone televisivo. A chiusura di questo riuscito omaggio al teatro di prosa che ci rende vivi e allegri nei secoli, la sublime “Scetate” di Sergio Bruni.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta