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Qui rido io

Regia di Mario Martone vedi scheda film

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La recensione su Qui rido io

di mm40
5 stelle

All'inizio del Novecento il commediografo e attore napoletano Eduardo Scarpetta, forte di un grande successo popolare, decide di mettere in scena una parodia de La figlia di Iorio, di Gabriele D'Annunzio. Sottopone così al Vate, recandosi di persona da lui, il testo del suo Il figlio di Iorio; D'Annunzio ridacchia, ma non fornisce alcun assenso esplicito alla messa in scena. Quando Scarpetta porta a teatro l'opera, alcuni contestatori amici di D'Annunzio la fanno sospendere, mentre il poeta abruzzese fa partire il processo per plagio nei suoi confronti. Tutto ciò mentre Scarpetta deve vedersela con nove figli (da tre donne diverse) e una compagnia teatrale da mantenere: in un impeto di megalomania, Eduardo decide di andare a vivere con tutte le sue donne e i suoi figli nello stesso palazzo.


Martone è Martone, la storia è piena di spunti interessanti e il personaggio di Eduardo Scarpetta si presta senz'altro a un biopic farcito di emozioni, colpi di scena e scandali; eppure Qui rido io funziona soltanto in parte. Sarà innanzitutto per la sceneggiatura (Mario Martone e Ippolita Di Majo) che si spacca nettamente in due parti, narrando in un vertiginoso parallelo lo Scarpetta intimo – quello dei nove figli da tre donne, parenti tra loro – e lo Scarpetta pubblico, quello del palcoscenico e del processo contro D'Annunzio. Le vicende si accavallano ed è difficile comprendere esattamente tutto: forse qualche spiegazione in più sarebbe stata necessaria, vista la complessa situazione sia della famiglia allargata Scarpetta che della causa riguardante Il figlio di Iorio. E non convincono neppure certe scelte un po' drastiche, come le umiliazioni nei confronti di Vincenzo (poco motivate logicamente) o la rappresentazione di D'Annunzio assolutamente caricaturale. Sul lato estetico Qui rido io è un prodotto ben rifinito, forse persino troppo patinato (ad es. le luci eccessive durante le rappresentazioni a teatro), e le scelte di casting convincono appieno: Toni Servillo non necessita certo di discussioni, così come funzionano Maria Nazionale, Eduardo Scarpetta (discendente dell'omonimo, qui nei panni del figlio Vincenzo) e Cristiana Dell'Anna; in ruoli meno importanti compaiono poi Iaia Forte, Paolo Pierobon e Lino Musella. Quanto al senso dell'opera nel suo complesso, al di là della superficie spudoratamente agiografica si può cogliere una lieve critica all'uomo-Scarpetta e alle sue debolezze, in fin dei conti del tutto assimilabili a quelle di D'Annunzio, pur essendo i due così distanti umanamente e artisticamente. 5,5/10.

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