Regia di Ilya Khrzhanovskiy, Jekaterina Oertel vedi scheda film
AL CINEMA
In pieno regime socialista sovietico, la vicenda si concentra su una cameriera cinquantenne ancora piuttosto avvenente, la inizialmente timida Natasha, che svolge il suo lavoro presso la mensa dell'istituto scientifico intitolato a Lev Lindau, conosciuto come Dau. A contatto con scienziati e professori, la donna rimane impressa ad uno studioso francese che da tempo collabora in loco.
Durante una cena l'uomo si ubriaca ed inizia a fare avances alla donna, che gli si concede, sperando in una vera storia d'amore. Ma lo studioso il giorno dopo la notte di sesso sfrenato già si mostra più freddo, mentre la storia finisce per passare di bocca in bocca fino ad attirare l'attenzione del volo di polizia: interrogata in modo duro e spietato da uno zelante ufficiale che la umilia e ricatta senza un briciolo di umanità, Natasha non potrà che trovare nell'alcol la ragione per non lasciarsi andare alla disperazione più cupa e senza via di scampo.
Primo film di un ambizioso progetto che intende fare luce sugli aspetti più bui, crudi e contraddittori del regime sovietico più longevo del '900, Dau.Natasha si concentra su un' anima umile e fragile per rendere conto delle scelleratezze di un regime che ha sempre sottomesso e vanificato ogni diritto altrove spesso considerato inalienabile.
Diretto con piglio ispirato e concentrato su tre atti lunghi ed insistenti concentrati su altrettanti momenti forti che passano dalla passione, all'ebbrezza alla tortura, il film di Khrzhanovsky ( che ha già diretto il biopic incentrato sullo scienziato Premio Nobel Landau) e Oertel è il primo capitolo di un progetto esteso che, partendo dall'istituto dedicato allo scienziato, ambisce a mettere in luce le contraddizioni di regime che resero l'Urss una potenza tutta segreti, sottomissioni e privazioni per i cittadini, umiliati e considerati un mero numero anagrafico sacrificabile per gli onori patrii.
Il film stordisce per lo stile schietto e claustrofobico di una rappresentazione che non si nasconde in atti simulati nemmeno nelle scene di sesso, che nulla nascondono garantendo una rappresentazione in grado di fornirci i presupposti più schietti e crudi per rendere palpabile il terrore con cui hanno imparato a convivere per decenni i russi durante tutto il '900.
Pur non professionista, la protagonista scelta per interpretare il ruolo forte e commiserevole della tenace e assieme fragilissima Natasha del titolo, appare come una delle scelte-chiave più azzeccate di tutta l'ottima produzione, premiata con l'Orso d'Argento all'ultima Berlinale per il notevole, indiscutibile contributo artistico del film e del progetto nel suo insieme.
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