Regia di Christian Petzold vedi scheda film
È arrivato ora nelle sale italiane, dopo che, presentato alla Berlinale di quest’anno e premiato con un Orso d’argento meritatissimo a Paula Beer, la pandemia ne ha impedito la distribuzione già programmata. Chi ama il cinema dovrebbe vederlo.
Un’ondina a Berlino
Undine non è una donna, ma una creatura fantastica, uscita dalle acque, che erano da sempre il suo habitat.
Secondo la leggenda, ha, come le sirene del Mediterraneo, o come le altre ondine della tradizione nordica, il potere di attrarre irresistibilmente gli uomini per farli morire.
Fonte di ispirazione, dai tempi più antichi, di artisti e di scrittori, di narratori di favole e di musicisti, Undine ispira anche la creatività di Petzold, il regista del film che la fa rivivere a Berlino collegandola alla storia della città fin dalla sua fondazione.
Dalla sua voce ascoltiamo le vicende della capitale tedesca, raccontate ai turisti in sosta davanti ai plastici tridimensionali che ne ricostruiscono le modificazioni nel tempo, dalla laguna paludosa degli isolotti intorno al fiume Sprea, al momento in cui il lavoro degli uomini per controllare il corso delle acque, bonificando gli acquitrini, ne aveva reso il territorio coltivabile e abitabile.
A poche centinaia di persone dalle provenienze più diverse, era dovuta, dunque la fortuna di Berlino che si era successivamente ingrandita ed era prosperata grazie alla navigabilità dello Sprea che garantiva un facile e veloce trasporto delle merci.
Undine rappresenta perciò la memoria storica del Märkisches Museum della capitale: il suo lavoro, sulla terra ferma, è quello di guida-cicerone in un centro di cultura che sorge vicino all’acqua, la fonte di vita dalla quale era emersa per amore, e senza la quale non avrebbe potuto vivere a lungo.
Un amore, un tradimento, forse una minaccia…
Undine (eccezionale interpretazione di una bellissima e affascinante Paula Beer) ha avuto una storia appassionata con Josef (Jacob Matschenz), che sta per lasciarla poiché ama un’altra donna. Seduti davanti al loro solito bar, si fa evidente il gelo fra loro, a cui si aggiunge il silenzio sprezzante di lui: inutili ulteriori spiegazioni, né Undine le richiede, poiché ha fretta, deve andare a lavorare e conta di incontrarlo dopo, annunciandogli però, con apatica indifferenza, di essere costretta a ucciderlo.
Sembra una minaccia, ma le sue parole sono prive di rabbia; del resto, una nuova passione sta per nascere: Christof (Franz Rogowski), un “palombaro industriale”, addetto alle riparazioni sott’acqua, affascinato dalla sua lezione al museo, la segue all’uscita per incontrarla al bar dove, con un movimento maldestro, urta il vetro di un acquario, provocando un disastro: il locale si allaga, entrambi vengono feriti dalle schegge e quando tornano in sé, dopo lo spavento, si trovano abbracciati e non potranno più lasciarsi. Hanno con sé un piccolo amuleto, la statuina di un sommozzatore che Christof ha “salvato” dal disastro dell’acquario e che avrebbe regalato a lei, simbolico oggetto che, ricordando a lei la propria vicinanza, sempre e ovunque, agisce come “senhal”, magicamente profetizzando le incomprensioni, le bugie distruttive, le svolte sinistre della loro passione, decisive del futuro di entrambi.
Ho cercato di mettere in luce gli elementi del film che ne rendono, secondo me, più agevole l’interpretazione, ma altro non vorrei aggiungere, per evitare ogni eccesso di spoiler.
Voglio aggiungere, però, che le immersoni di Christof sono tutte pericolose: deve riparare antichi guasti, prodotti da tempo sulle fondamenta storiche della città, più volte distrutta e ricostruita in superficie, mentre nelle sue melmose profondità continua a vivere e a ingrossare un imprendibile e feroce mostro, presenza simbolica di un passato oscuro, non troppo lontano, sempre pronto ad attaccare e a cancellare l’identità primigenia dell’antica comunità che era nata per includere chi veniva da fuori a portare il proprio contributo alla prosperità di tutti…
È il nuovo film di Christian Petzold, forse il più intrigante e complesso dei suoi, poiché nasconde, dietro alla favola bella e triste e alle sue metafore, una visione politica che lo spettatore dovrebbe cogliere per apprezzarne tutte le implicazioni.
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