Regia di Abel Ferrara vedi scheda film
In una terra desolata e ghiacciata che corrisponde ad una Siberia sia geografica, sia della mente, un uomo solitario di nome Clint, che si trova a mandare avanti uno sperduto locale di conforto e rifornimento per passanti, decide di abbandonare tutto e di intraprendere un viaggio, duro e tormentato sia dal punto di vista fisico, sia da quello psicologico, Un viaggio alla ricerca delle proprie origini, di quelle del padre e degli episodi più drammatici e significativi che hanno segnato le esistenze sue, e di quelle del genitore.
Lo stimolo nasce dall'incontro con una bellissima viandante incinta (interpretata dall'attrice Cristina Chiriac, moglie del regista ed ultimamente spesso interprete delle sue più recenti produzioni italiane), attraverso il ventre della quale l'uomo comprende che è venuto il momento di capire e comprendere la vera essenza della propria stirpe.
Un viaggio in slitta (che ci fa ritrovare Willem Dafoe nelle medesime situazioni del tuttavia ben differente e favolistico Togo della Disney), in cui Clint ripercorre i traumi suoi e del genitore, prigioniero di guerra dinanzi ad esecuzioni sommarie e altre immani violenze, e se stesso alle prese con il desiderio e la sessualità che esplode talvolta come il più genuino e travolgente dei sentimenti.
Un viaggio allucinato che non si differenzia troppo dai percorsi deliranti dei personaggi che hanno reso definitivo e memorabile il cinema di Abel Ferrara (Il cattivo tenente, King of New York, The Addiction), e che qui si adopera a descrivere un luogo lontano per definizione, che costringe ad una esplorazione tormentata e rischiosa ancor più per i recessi impraticabili della mente, che per le difficoltà rappresentate da un clima ostile e controindicato alla esistenza umana.
Se la simbiosi del regista con il suo attore feticcio William Dafoe (col quale condivide la passione e il desiderio di trovare in Italia la residenza ove vivere ed esprimersi attraverso il cinema) trova con Siberia, subito dopo Tommaso, il più genuino vaso comunicante necessario ed ottimale per tradursi narrativamente e scenicamente dinanzi alla macchina da presa, Ferrara non si dimentica di essere cittadino di un mondo che intende ripercorrere in lungo ed in largo, traducendo le immagini adeguate per la Siberia della mente (che riproduce nelle foreste bavaresi e del Trentino), e persino quelle più antitetiche ed assurde di un Messico di sabbie e deserti, con i fedeli e stupendi cani da slitta sempre incoerentemente ma fascinosamente al seguito; anfratti utili e necessari per raccontare il viaggio stravagante, eccentrico e sconvolgente di una mente alla ricerca della propria storia, indispensabile e agognata, per quanto devastante e drammatica o controversa essa possa rivelarsi.
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