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The Batman

Regia di Matt Reeves vedi scheda film

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La recensione su The Batman

di YellowBastard
8 stelle

Progetto autonomo senza alcun legame (per fortuna?) con il DC Extended Universe, e quindi slegato da qualsiasi dei precedenti adattamenti (arrivati ormai a quota 11) del fumetto creato nel 1939 da Bob Kane & Bill Finger, e progetto “ereditato” da Ben Affleck dopo che ha “mollato” il film che doveva dirigere e scrivere oltre che interpretare, The Batman, in uscita al cinema a partire dal 3 marzo, è opera del talentuoso Matt Reeves che si é occupato, oltre che della direzione, anche della produzione e della scrittura insieme allo sceneggiatore Peter Craig (figlio dell’attrice Sally Field) e autore, insieme proprio a Ben Affleck, di The Town come anche di Hunger Games: Il canto della rivolta, Blood Father (e autore anche del romanzo da cui é tratto il film), 12 Soldiers e del prossimo Top Gun: Maverick con Tom Cruise.

 

Batman": 10 provas que o filme com Robert Pattinson é incrível - Purebreak

 

Più che un cinecomic The Batman é un noir (così come lo erano le strisce originali del fumetto del ‘39), un torbido thriller che del genere cinematografico possiede tutti gli stilemi (dalla voiceover alla soggettiva, dalla fotografia ai flashback, dal detective protagonista della storia al mondo della malavita con tanto di femme fatale, dalla metropoli urbana alla violenza fin anche, addirittura, al sadismo) e che si addentra nei tormenti di un giovane uomo (di nome Batman e che ogni tanto si traveste da Bruce Wayne) e nei peccati di una intera città (ovviamente Gotham City) ed é, probabilmente, l’unico a poter citare a proposito le atmosfere del Cavaliere Oscuro di Frank Miller troppe volte evocate (a sproposito) in questa o quella pellicola (capito, Zack Snyder?) ed é tutto merito di Matt Reeves, da sempre fan del personaggio, e di una sceneggiatura realizzata con estrema cura e riguardo sfruttando ottimamente i suoi tanti riferimenti fumettistici (in primis Batman: Anno Uno di MIller e Il Lungo Halloween di Loeb/Sale) ma anche, come fonte d’ispirazione della sua componente visiva, la serie videoludica targata Rocksteady.  

 

The Batman infatti é una mescolanza di ispirazioni e generi addirittura di medium diversi in quanto il regista sembra aver ben compreso che in epoca di requel e con un personaggio, Batman, alla sua ennesima interpretazione, anche in pochi anni, l’originalità ormai conti relativamente, giusto o sbagliato che sia, mentre assume sempre maggiore importanza invece la capacità di mescolare insieme influenze e citazioni diverse, arrivando anche a mostrare il preesistente (e conosciuto) seppur sotto una nuova luce.

 

 

Ecco quindi che la pellicola si mostri figlia (anche) del Joker di Phillips e la sua Gotham, brutta, sporca e cattiva, colma di violenza e criminalità, assomigli moltissimo a quella vincitore del Leone D’Oro a Venezia come anche alla New York dei Guerrieri della Note o di Taxi Driver, o sia estremamente dark e piovosa come ne Il Corvo di Alex Proyas (“Io sono vendetta”) o in Seven di David Fincher e in questo scenario il villan della storia  l’Enigmista, ispirato al vero assassino seriale Zodiac (protagonista di un altro film omonimo di Fincher) e dal luok perturbante che reinterpreta (anche metaforicamente) in chiave contemporanea quello dell’Uomo Invisibile del’33 (riproponendone anche l’alienazione sociale e, forse, la latente omosessualità del protagonista del film di Whale? Chissà..), si muova come il suo John Doe sfruttando al contempo idee e artifici del Jigsaw di Saw mentre la (proto) Catwoman di Zoe Kravitz non é scevra di rimandi a quella interpretata da Michelle Pfeiffer e il Pinguino (in prospettiva) di Colin Farrell (che letteralmente scompare sotto a diversi strati di trucco prostetico) sembra invece l’Al Capone (solo più sfregiato) di De Niro negli Intoccabili di De Palma.

 

Reeves infatti non inventa nulla ma lo modella a suo piacimento in un prodotto esteticamente (molto) ricercato, registicamente sublime per un cinecomic forse tra i più autorevoli per scelte narrative e/o soluzioni registiche ma, al contempo, capace di salvaguardare gli elementi della mitologia originale, soprattutto quella di natura fumettistica e/o Milleriana, senza avere però la pretesa concettuale di emanciparvisi altezzosamente come ha cercato di fare invece il Joker di Phillips ma anzi abbracciandola totalmente.

Siamo infatti molto lontani da quei cinecomic che si dimenticano delle proprie origini (o che cercano di farlo) e ogni inquadratura, ogni scena del film cerca al contrario di ricordarne le tavole disegnate a mano, di riproporne le dinamiche come anche di collegarsi a quelle stesse emozioni provate sfogliandone le pagine.

 

La colonna sonora, invadente ma anche al caso solenne o malinconica, é dell’ottimo Michael Giacchino che gioca tra rivisitazioni, anche piuttosto evidenti, che vanno dalla Marcia Imperiale di John Williams al tema de Il Padrino e che contempla anche l’Ave Maria di Schubert con Something in the way dei Nirvana.

 

 

Robert Pattison, inespressivo e depresso ma, anche per questo, più umano e tangibile, risulta a sorpresa piuttosto credibile ed efficace (ma non poi così eccellente come letto altrove) per questo giovane Batman ancora inesperto, oscuro e sofferente, bloccato dalla paura (tema portante del film. Paura della violenza ma anche della solitudine, dell’abbandono, del tradimento, della società, o del mondo) a cui risponde con rabbia ed estrema violenza (anche se mai mortale), un’anima in pena che soffre nel dare libero sfogo alle sue pulsioni più profonde.

Unico elemento di disturbo e che in tre ore di filmato (esattamente 176 minuti che si avvertono soltanto verso la fine ma che, a detta del regista, potevano anche essere 270) non si riesca a trovare moltissimo spazio per Bruce Wayne, spesso legato al suo rapporto con Alfred, centrando invece il protagonista soprattutto sulla fisicità e sull’iconografia dell’uomo pipistrello.

 

La Selina Kyle di Zoe Kravitz é perfetta nel suo essere più fumetto di un fumetto mostrando più sfumature di quanto ci si aspetterebbe mentre risulta invece più faticoso il Jim Gordon di Jeffrey Wright, forse troppo caratterizzato per essere anche flessibile nel ruolo dell’unico alleato del giustiziere di Gotham.

Piuttosto sacrificato l’Alfred di Andy Sirkis mentre sempre impeccabile risulta invece John Torturro.

Tra gli altri interpreti anche Peter Sarsgaard, Jayme Lawson e (in un cameo) Barry Keoghan.

 

 

Pur comparendo relativamente in poche scene invece risulta ottimamente l’Enigmista di un superlativo Paul Dano.

Il meccanismo é ancora la nemesi e l’eroe che giocano al gatto col topo specchiandosi uno nell’altro, complici inconsapevoli e spingendosi a confrontarsi con il proprio passato e i suoi traumi, nella consueta riflessione tra bene e male la cui linea di demarcazione é costantemente in evoluzione e mai veramente tracciata.

 

La verità finale di The Batman é che la maschera non nasconde soltanto le nostre paure (o i traumi) ma é capace al contrario di rivelare il tuo vero volto, quello che sei davvero liberandoti da imgiunzioni sociali e/o imposizioni culturali. La maschera serve anche a sopravvivere nel mondo, a nasconderti o, nel caso, anche a vendicarti o a cercare di cambiarlo, quel mondo (sfruttando la maschera anche come simbolo, se del bene o del male dipende da cosa decidi tu).

Ma solo vendicarsi spesso non é sufficiente. Serve comunque credere nel mondo, sperare in un vero cambiamento.

E dare speranza può anche essere sbagliata o inutile o addirittura dannosa, per certi versi, ma é anche l’unica cosa che, nonostante tutto, può salvarci dalla versione peggiore di noi stessi.

 

 

VOTO: 8

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