Regia di Matt Reeves vedi scheda film
Condensare una visione del mondo in una frase succinta da parte di un personaggio, è sempre stata la massima ambizione per un attore e soprattutto per un cineasta, che facendo economia di parole, non rinuncia però ad essere incisivo; quell' "io sono vendetta" che riecheggia svariate volte nel film, cominciando dalla prima presentazione in scena dove compare Batman (Robert Pattinson), può infoiare facilmente la gran parte dello spettatore colpito dalla frase da macho, subito seguita da una scaricata di cazzotti ai poveri malcapitati teppisti sulla sua strada, ma segna anche un grande limite di questo The Batman di Matt Reeves (2002), mettere in scena la maschera dando per scontato tutto il background di Bruce Wayne, che giunti al decimo film cinematografico sul personaggio, sembra per il regista superflua ogni analisi in proposito, tanto che a Reeves dell'uomo dietro la maschera interessa ben poco, concentrandosi esclusivamente su Batman praticamente onnipresente in scena, mostrando un deciso sdegno verso il lato umano, ma un alter-ego può offrire pur sempre uno sguardo inedito e forse definitivo, come sembra suggerire quel "the" posizionato prima del titolo in modo perentorio.
Ci si trova innanzi ad un film sullo sguardo, cosa esplicata sin dall'inquadratura iniziale in soggettiva del protagonista dall'alto di un tetto, per passare specularmente allo sguardo di un individuo mascherato; l'Enigmista (Paul Dano), che osserva nell'ombra l'ignara prima vittima del suo folle piano. Sono passati appena due anni, da quando a Gotham è comparso un vigilante mascherato, che riesce a terrorizzare la gran parte della criminalità alla sola accensione del segnale di richiamo, ma il malaffare non accenna a diminuire (Batman non può essere ovunque), mentre i cittadini perbene non sembrano di certo avere nei suoi confronti enorme stima o ammirazione, solo il tenente James Gordon (Jeffrey Wright), sembra dargli fiducia, consentendogli di analizzare sotto sua supervisione, le scene del crimine, con grande disappunto di tutto il dipartimento di polizia. Dalla soggettività dei visori usati da Batman nelle sue ronde notturne, nonchè dalle lenti a contatto con funzioni video, un ossessionato Bruce Wayne versione emo con tanto di mascara nero attorno agli occhi, passa molto tempo a vedere e rivedere nel chiuso del proprio rifugio, le registrazioni alla ricerca del dettaglio o l'indizio decisivo nascosto alla vista, per risolvere ciò che la polizia non riesce a fare, vuoi perchè incapace, vuoi perchè priva di tali mezzi tecnologici, oppure più semplicemente perchè corrotta; un grande detective ossessionato dalla propria maschera tanto da non volerla lasciare mai, eppure nella sua enorme abilità investigativa sottolineata con pomposa seriosità dal regista tramite ogni personaggio, Batman finisce con il fare la figura del tortellino con l'enigma "Rata Alata", che il sottoscritto sulla base di qualche lezione da autodidatta di Spagnolo tramite metodo Assimil, era riuscito a capire il tutto, mentre il nostro duo Batman-Gordon con grande comicità involontaria fanno la figura dei cretini, che magari per il prossimo film chiamino il sottoscritto? Direi meglio di no.
Caduta di tono doverosa da sottolineare per la sua discrasia con la serietà del film, bisogna comunque dire che lo sguardo di Reeves si muove su una duplice linea, il personaggio di Batman da un lato e dall'altro tutto il micro-cosmo di Gotham, fatto di marciume e corruzione, dopo sul malaffare superficiale, se ne cela di ulteriore ancora più in profondità, occultato alla vista dei molti, ma lì risiede il male endemico della società che Batman cerca di difendere, restando fortemente interdetto dagli intrallazzi tra politica, polizia e malavita, con gran sarcasmo della nemica/alleata Selina Kyle (Zoe Kravitz), che funge da suoi occhi in questa discesa infinita verso il basso, lasciando al contempo perplesso lo spettatore nei confronti dell'enorme ingenuità di un Batman abbastanza turbato dalla cosa, quando ci era stato descritto come un paranoico estremo, essendo immerso in una solitudine alienante secondo interviste varie, eppure alla prova della visione, tutto questo si riscontra molto poco in una pellicola, che vorrebbe trovare la propria forza nell'apparato visivo, sconfinando però in un'estetica darkettona-emo di comodi, con un Pattinson/Bruce Wayne dai capelli arruffati, occhi stralunati e sguardo torvo, tre ore di film con un personaggio del genere sono molto difficili da portare avanti, purtroppo per Pattinson, alla lunga con la sua interpretazione monocorde, dove il trucco facciale e le cicatrici sul corpo, di certo non possono mascherare la mancanza di profondità nella sua recitazione, rivelandosi in tutta la sua sciagurata dannosità quando il suo alter-ego Batman entra in relazione con gli agenti del dipartimento di Gotham, dove sembra un coglione vestito da pipistrello, dove stona moltissimo con il contesto serio delle indagini (tra l'altro con i suoi scarponi vaga tranquillamente sulla scena del crimine senza problemi); nonostante il film cominci con la notte di Halloween, Reeves canna la dimensione freak del personaggio necessaria per rendere congruente e credibile il personaggio nelle scene con gli altri.
Le cose per Batman se non altro, sembrano andare decisamente meglio quando si pone in un contesto dove è richiesta la presenza di un solo personaggio, con il tenente Gordon, seppur il loro rapporto sia esclusivamente professionale, l'accoppiata funziona, così come con Selina Kyle (peccato per la scrittura scadente del personaggio con annesso mediocre twist plot), il Pinguino (Colin Farrell), il già citato Enigmista e Carmine Falcone (John Turturro), in pratica quando entra in relazione con altri disadattati come lui il Batman di Pattinson, nei suoi sguardi torvi (anche se troppo reiterati) e la sua misantropia, sembra trovare la dimensione narrativa adatta, ricasca malissimo nel ridicolo quando invece con passo pesante da lumaca, deve addentrarsi in luoghi malavitosi affollati (tre volte l'ingresso nel locale ce lo potevamo evitare Reeves, specie in un'opera di tre ore), in cui fà troppo da carnevalata fuori stagione, poco legata ad un contesto neo-noir investigativo urbano a cui vorrebbe ascriversi.
I riferimenti immediati d'altronde sono noti quanto evidenti, Seven (1995) e Zodiac (2007) di David Fincher, con quella pioggia sporca onnipresente e le dinamiche del serial killer negli omicidi quando nell'estetica, però gli manca la mano dei film migliori del collega, anche se non rinuncia a tentare un approccio stilistico coerente con il tema dello sguardo, infatti Reeves và di soggettiva e di semi-soggettiva, poche volte la macchina da presa si concede inquadrature che vadano oltre i primi piani (i totali si contano sulle dita di due mani oserei dire), scegliendo di adottare il punto di vista dei personaggi, che sia il protagonista o i suoi avversari (da citare l'inquadratura rovesciata di Batman che avanza verso il Pinguino), ma si scorda di riempire di umanità la sue figure, che restano sempre delle maschere, senza mai denudarsi di esse, grossa autorete da parte del regista, per dei personaggi che vivono di doppie identità, dove combinandosi con una gestione estremamente basica della componente investigativa, verrebbe da chiedersi se senza l'euforia da cinecomics, come sarebbe stata recepita un'opera del genere senza avere come proprio protagonista Batman.
Il montaggio per buona metà dell'opera riesce a donare un ritmo adeguato all'opera, rinunciando a fare a meno della componente action, però si perde troppo nelle deviazioni dei sub-plot, che spesso accantonano la trama dell'Enigmista, dove invece però di perdersi nel torbido malsano di un'umanità contorta come nel Grande Sonno di Howard Hawks (1956), essendo però forte l'impronta giallo-investigativa, emerge uno sgradevole effetto da narrazione a "compartimenti stagni" nella seconda metà del film, dove a farne indubbiamente le spese maggiori è il personaggio di Selina Kyle, tanto sapientemente interpretato da Zoe Kravitz, quanto ucciso da una scrittura pigra ed annacquata narrativamente nell'arco di tre ore, disperdendo anche forse gli unici spunti veramente interessanti di un film, che oltre alla discesa nel basso, spreca anche una possibile analisi delle diseguaglianze sociali di Gotham, che per la donna sono dovute anche a questioni razziali, scegliendo la rassicurante via del reazionario, dopo aver giocato a fare l'incendiario per qualche minuto, riportando il tutto sulla solita via, sfidando allegramente il ridicolo involontario nel giustificazionismo sulla figura di Thomas Wayne da parte del maggiordomo Alfred (Andy Serkins), nonchè sull'odio anti-sistema da parte dell'Enigmista, immediatamente virato su prese di posizioni sballatamente ignoranti, da annichilire sul nascere qualsiasi invettiva classista anti-ricchi/corruzione, tornando così al caro e vecchio sfascia-tutto ingiustificabile, in modo da patteggiare sempre per un sistema, che secondo Reeves potrà avere qualche difetto nelle sue storture, ma è sempre l'unico modello possibile di società, che non può venir messo assolutamente in discussione da nessuno nonostante le ingiustizie di cui esso è portatore, privando così l'antagonista di ogni sostrato tematico come sarebbe potuto essere un suo pessimismo antropologico (avrebbe messo in difficoltà Batman anch'egli sfiduciato nella sua lotta al crimine per gran parte del film, almeno a parole... nei fatti non lo è mai), che gli avrebbe sicuramente donato un vero spessore; infatti, quando Reeves sceglie di addentrarsi in analisi che esulino dal mero intrattenimento di basica fattura, si dimostra palesemente a disagio con la materia, non è un caso d'altronde il crollo dell'opera in coincidenza con il disvelamento dell'Enigmista, rivelatasi personaggio bluff alla fine, conducendo così ad un terzo atto compresso (nonostante le tre ore di durata!), stupidotto, dallo scarso climax, banale e ricolmo di deja-vu, che al decimo film su Batman sanno anche troppo di stantio, dove non bastano di certo le scene d'azione infilate a rotta di collo, per compensarne probabilmente la quasi mancanza durante i precedenti due atti, chiudendo la narrazione in una spirale negativa avvitata su sè stessa, complice il voler tirare le fila per ogni personaggio, lasciandosi ovviamente aperti degli spazi sul sequel, con tanto di voice-over sulla nuova consapevolezza raggiunta dal protagonista tramite un percorso privo di una vera e propria consapevolezza. Nella semi-soggettività delle inquadrature, che finiscono con il privarci degli sguardi di camera a più ad ampio raggio sulla popolazione di Gotham, così tenuta clamorosamente fuori dopo l'inizio del film, un Bruce Wayne-emo molto di maniera quanto poco sentito, una storia investigativa basica con tanto di fantomatico inseguimento tra macchine caruccio, ma nulla a cui gridare al miracolo (stupisce in questo senso l'elogio di Edgar Wright a tale sequenza, che a dir la verità lui in Baby Driver la girava 100 volte meglio) e l'onnipresente, pedante quanto invasivo score di Giacchino; forse l'architettura gotica di questa Gotham meritava maggior valorizzazione, che la sola fotografia "pazzesca" di Graig Fraser, senza l'ausilio di una regia come si deve non può di certo fare; ma a quanto pare Batman 10, basta che abbia come protagonista il pipistrello e và bene così per tutti.
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