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Correva l'anno di grazia 1870

Regia di Alfredo Giannetti vedi scheda film

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La recensione su Correva l'anno di grazia 1870

di lamettrie
8 stelle

Un bel film, sulla coerenza sui principi e sulla disponibilità a pagare il relativo grave scotto, nel caso in cui tali giusti principi vengano condannati da potenti iniqui. Indimenticabile il colloquio fra il democratico, in carcere per le proprie idee e gli atti conseguenti, e la moglie: lui può rivendicare che «dal carcere sta dando il buon esempio»; sua moglie in lacrime risponde con sarcasmo «sai quanto è comodo un marito che in carcere dà il buon esempio a tutti, e intanto io così non so come dare da mangiare a me e a nostro figlio». Ma il bello è che lei condivideva le battaglie del marito, come si vede nel film: pur conoscendo la miseria, l’esclusione e le difficoltà che ciò comportava, si sono voluti bene per questa superiore unità d’intenti, dei più nobili intenti: la democrazia, l’uguaglianza, la lotta alla tirannide e all’ingiustizia sociale, in quel caso quella papalina, quello dello stato in cui erano nati. Ancor più commuovente l’evidenza, del resto spesso verificatasi nella storia, che tale comunione morale profonda ed elevata sia avvenuta fra due popolani dei bassifondi.

Si era nel ’72: nel pieno della contestazione. Questo film riluce della riflessione gloriosa su chi non si è venduto al potente iniquo, ed ha sofferto perciò; esattamente come riluce anche della riflessione amara su chi si è venduto, fiutando opportunisticamente il vento; oppure su chi non ce l’ha fatta a rimanere fino in fondo fedele agli impegni che si era preso verso l’umanità, per debolezza sua, o per la forza dei criminali avversari. Perciò quest’opera è un “vero romanzo storico”: anche perché parla del passato in quanto non si può parlare appieno del presente.

Per essere un prodotto televisivo, è splendido, innervato com’è di verità storica e di pathos. Giannetti qui esprime, in modi assai felici, una sana indignazione popolare (nei rari casi in cui questa si rende del tutto condivisibile), facendo vedere anche i casi contrari, quando ci doveva essere tale indignazione, come quella della protagonista, e invece così non era, finendo così costei per trovarsi attorniata dal viscido e squallido pettegolezzo.

Gli attori, e il regista – (grande) sceneggiatore Giannetti, non faticano a far incarnare tale insofferenza sanguigna, verso l’ingiustizia, nei tratti bonari caratteristici romani, tra i più adatti a ciò, per semplicità diretta e autenticità di sentimenti.

E quali attori: Mastroianni è splendido, nella parte del giusto che non si lascia mai corrompere interiormente, a fronte delle più laceranti punizioni che tale dirittura morale comporta. La Magnani è alla sua ultima interpretazione, a 63 anni appena prima di spegnersi: appare ben più giovane dell’età anagrafica; sublime come sempre, per quella vena incattivita dalla vita, che inietta di memorabile veleno tutta la retta indignazione contro le ingiustizie più calcificate. Grandissimo anche Mario Carotenuto, nella difficile parte del prete non così compromesso, e umanamente prezioso.

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