Regia di Isabel Coixet vedi scheda film
A tratti molto sottoutilizzato (mamma mia! che brutto quel primo, quasi primissimo piano, muto, sui due protagonisti prima che la camera allarghi, giusto nella sequenza finale!), un preambolo da accorciare di almeno sedici millimetri/minuti, circostanze ripetutamente non spiegate (ma perché a Peter gli fa così male un fianco??). La nevicata a Benidorm ha, su me personalmente, comunque almeno un paio di buone influenze; una: quella di avermi fatto sapere che esiste Benidorm, fino agli anni ’60 un villaggio di pescatori e attualmente (un mezzo secolo dei tempi di oggi basta e avanza per provocare tali aberrazioni) località del Mediterraneo spagnolo méta di turismo dedicato alle perversioni notturne internazionali.
Due: quella di ripropormi una regista che avevo molto apprezzato con “La vita Segreta delle Parole”, e che da anni aspettavo di ritrovarla al varco.
I primi venti, venticinque minuti si lasciano passare facendo finta che sia un film di Ken Loach. Poi, piano piano, arriva l’odore di Almodovar (è nei titoli di coda, ma non ho capito, e non fa niente, a che titolo sia nei titoli di coda), e miscelare le due cose non è facile. Infatti, si inciampa. Pazienza: Peter prende l’aereo, cambia tutto, e siamo a Benidorm, dove molti, per fortuna parlano anche un ottimo inglese. Agevolazione concessa in nome dell’Europa (felicemente?) orfana (macchè orfana! Orba, casomai, ma nemmeno... dopo la Brexit) degli ex sodali d’oltre Manica.
Giallo? E’ un giallo questo film? Non lo so. Di giallo si tinge solo nella codina dopo/tra i titoli di coda, un orologio recuperato da un metal detector sulle spiagge corrotte e peccaminose di questo posto chiamato Benidorm. Ma cosa sia questo film, io non l’ho capito.
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