Regia di Jonathan Frakes vedi scheda film
Gli intrepidi marinai dell’Enterprise continuano a solcare gli oceani celesti, tra pericoli e battaglie, ideali e nostalgie, e il fascino di “Star Trek” rimane inalterato. Il nono film della serie si apre su un “orizzonte perduto”. Un pianeta abitato da poche centinaia di uomini, i Ba’ku, che hanno rinunciato alla tecnologia, alla scienza e alle armi e vivono, sereni e pacificati, in una società ideale. Protetta da benefiche radiazioni, la comunità ignora l’invecchiamento e le illusioni della tecnica. La new age si ricongiunge, così, con la cultura hippie degli anni Sessanta. Questo utopico stato di natura scelto dai Ba’ku è un’anomalia nella Federazione e l’ammiraglio Dougherty appoggia i malvagi Son’a nel loro progetto di rapire e teledeportare su un altro pianeta la comunità. Naturalmente Picard, i suoi ufficiali e l’androide Data si opporranno in nome della tolleranza. L’atmosfera e, nonostante gli effetti speciali, il ritmo “old fashion” della saga, che non dimentica mai le fondamenta teoriche e immaginarie della sua lunga storia cinetelevisiva, sono ancora affascinanti. Ci sono vari momenti buffi. I dialoghi, pseudo scientifici, sono irresistibili. Un capitolo prezioso per capire la filosofia trekkiana su uomini e macchine.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta