Regia di Laurent Cantet vedi scheda film
Karim è un giovane scrittore, quando il suo primo romanzo si trova sotto i riflettori per la qualità di contenuto e di scrittura, per una serie di circostanze torna a galla un suo vecchio profilo social dove da ragazzo pubblicava messaggi d’odio. In breve tempo perde prospettivi e amici, resta isolato in una trappola che sembra farsi ogni giorni più stringente.
L’ultimo film di Laurent Cantet è talmente contemporaneo da far rabbrividire. Il potere che il regista assegna ai social, lo strumento con cui le persone inneggiano e diffondono opinioni, pareri e sentimenti, è tremendamente veritiero e oscilla tra la leggerezza con cui tali strumenti vengono utilizzati e la serietà della permanenza di tali contenuti che finiscono per creare conseguenze anche a lungo termine.
La parabola di Karim D. alias Arthur Rambo, è questo lo pseudonimo usato su Twitter per inviare i messaggi incriminati, è un racconto in discendenza. Parte infatti dal successo che il ragazzo sembra aver ottenuto, dall’approvazione di quelli che lo circondano, la prospettiva di un futuro roseo e discende lentamente negli inferi della solitudine, del giudizio altrui, delle distanze che si frappongono tra Karim e, sembra, il resto del mondo. Pur consapevoli che stiamo assistendo in realtà al dramma di un singolo in un contesto molto più ridimensionato di quello che il film sembra volerci mostrare.
E’ come se Cantet utilizzasse una lente d’ingrandimento per mostrarci la capacità di distruzione che può possedere un singolo evento, apparentemente banale, nella vita di una persona attraverso la percezione della persona stessa, vittima di tale evento.
Grazie al buon lavoro della sceneggiatura e alla lineare messa in scena del regista, il film che ne viene fuori è scorrevole, limpido, feroce nell’esecuzione di una condanna inevitabile. Il racconto è incalzante, possiede la capacità di intrattenere senza mai annoiare lo spettatore che pur trovandosi di fronte all’esagerazione di un fatto, se ne rende conto solo alla fine, quando l’inutile scelta di Karim di andare via dalla sua città per sfuggire al giudizio globale che resterà comunque indenne al suo solo apparente cambiamento, ci mostra quanto in realtà restiamo vittime della nostra impulsività.
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