Regia di Sian Heder vedi scheda film
Una commedia passabile, ma convenzionale e troppo sentimentale, dove qualche momento di sincera emozione resta soffocato da tanti pigri cliché di stampo televisivo. Per me non poteva aspirare neppure alla candidatura, figuriamoci a vincere l'Oscar come miglior film.
La diciassettenne Ruby (Emilia Jones), l'unica a sentirci in famiglia di pescatori sordomuti del Massachusetts, si iscrive ad un corso di canto corale per seguire il ragazzo che le piace e scopre di avere uno spiccato talento vocale, al punto che il maestro la spinge a fare domanda per l'ammissione al Berklee College of Music. Il desiderio di affermazione personale e indipendenza della ragazza entra così in conflitto col suo ruolo all'interno della amorevole e unitissima famiglia, dove Ruby rappresenta il necessario anello di congiunzione con il mondo dei normodotati, il cui aiuto è indispensabile in mille situazioni della vita quotidiana e lavorativa.
Annunciato per la sorpresa di molti, ma non di tutti dato che diversi articoli negli ultimi giorni ne prevedevano un possibile exploit, come grande vincitore alla Notte degli Oscar 2022, è una commedia che, diciamolo onestamente, non poteva aspirare neppure alla candidatura, figuriamoci al massimo premio come miglior film. Anche quello alla migliore sceneggiatura non originale battendo i ben più validi script di Drive My Car e Il Potere del Cane lascia perplessi, mentre sul miglior attore non protagonista a Troy Kotsur non mi esprimo, data la difficoltà di giudicare l'interpretazione di un non parlante che recita le sue battute nella lingua dei segni. La pellicola compie infatti la scelta di avvalersi di interpretazioni di attori realmente sordomuti nei ruoli dei genitori (il padre Troy Kotsur e la madre Marlee Matlin, quella di Figli di un Dio Minore) e del fratello (Daniel Durant).
Non che in Coda sia tutto da buttare, se non avesse vinto troppo direi che è una commedia passabile, che si distingue dalla media delle commedie sentimental-familiari per la scelta del soggetto (comunque non è un'idea originale, ma un remake di una commedia francese, La Famiglia Bélier). Tuttavia resta assolutamente prevedibile e mediocre nella realizzazione che si mantiene ben dentro i binari del convenzionale e dell'appello ai buoni sentimenti, tradendo cadute nello stile "ripulito" del telefilm pomeridiano.
Vi sono dei momenti in cui la pellicola tocca con una certa efficacia le corde dell'emozione: quando si concentra sui rapporti familiari, quando il legame affettivo che li unisce entra in tensione con le difficoltà che la figlia udente, perennemente obbligata al ruolo di interprete dal linguaggio dei segni, deve affrontare convivendo con una famiglia sorda, tra l'altro sempre additata da compagni e compaesani come “quelli strani”, e come questa condizione di diversità e costrizione frustri le sue aspirazioni ad una vita indipendente. Certamente le tensioni familiari sono affrontate in maniera conciliante e consolatoria, la regista e sceneggiatrice Sian Heder non affonda mai il coltello e tutto finisce sempre col risolversi nel volemose bene, il che può essere una scelta non condannabile in una commedia, ma che la trattiene ad un livello di superficialità che non sarebbe da premiare come miglior adattamento dell'anno.
Purtroppo tutta la parte del corso di canto e della preparazione della audizioni col maestro messicano, che occupa buona parte della trama, è invece di una banalità assoluta, la solita robetta stravista in mille serie teen, che qui non viene affatto messa in scena in modo più cinematografico ma pedissequamente e pigramente ricalata. Lo stesso si può dire della storia d'amore col compagno di coro che ripete i soliti triti cliché adolescenziali.
Verso i tre quarti di film, Coda sembra sollevarsi dalla mediocrità proprio perché per un tratto lascia perdere cori&amori e si concentra sulla volontà della ragazza di emanciparsi, nel momento in cui la famiglia sembra avere ancora più di prima bisogno del suo contributo per gestire l'attività peschereccia in autonomia dalle cooperative. E non è girata male la scena del saggio di musica, che segna il massimo distacco che la sordità pone tra Ruby e la famiglia, che la va ovviamente a vedere e sostenere, ma senza poter apprezzare nulla della sua esibizione se non il vestito rosso che la stessa madre le ha comprato per l'occasione. Poi di colpo la musica si interrompe e assistiamo al saggio come la percepiscono i sordi, cioè privo di senso oltre che di suono.
Se la regista Sian Heder avesse chiuso qui magari le avrei dato anche tre stelle, purtroppo invece il film si inabissa verso una sezione finale sdolcinata e troppo calcolata nel tentativo di commuovere a tutti i costi con un prevedibile lieto fine. Se la scena del saggio era stata gestita bene, invece l'audizione di Ruby alla scuola Berklee, dove accompagna il canto col linguaggio dei segni, è noiosa e zuccherosa, e tutto si conclude com'era iniziato, come un episodio di una serie tv pomeridiana.
Il premio al film più buonista e consolatorio seppur mediocre non è certamente una novità per gli Oscar, contando già diversi precedenti nel corso dei decenni, e le dinamiche che portano alla vittoria della statuetta risultano sempre imprevedibili e sottoposte a logiche che non si replicano identiche di anno in anno (Drive My Car con le sue candidature aspirava ad essere il nuovo Parasite ed invece a giochi fatti è rimasto confinato nella sezione straniera). Tuttavia quest'anno non si può tacere il disappunto per l'Oscar a Coda, quando si poteva e doveva sperare in un riconoscimento al merito (non li ho ancora visti tutti i candidati, ma tra quanto visionato finora direi che Il Potere del Cane avrebbe meritato la vittoria). Tra l'altro Coda è il primo film prodotto da un servizio di streaming (Apple Tv + che ha battuto sul tempo i più blasonati Netflix e Amazon) a vincere la statuetta per il miglior film. Steven Spielberg nel 2019 aveva dichiarato che i film prodotti per lo streaming avrebbero dovuto essere esclusi dagli Oscar perché assimilabili ai film per la tv piuttosto che a quelli girati per il grande schermo. Non sarà necessariamente sempre il caso, ma la vittoria di Coda , con i suoi limiti di stampo televisivo, sembra andare a confermare i timori e le perplessità di Spielberg.
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