Regia di Nia DaCosta vedi scheda film
Questo nuovo “Candyman” preferisce un approccio visivo fashion allo squallore periferico del precedente, il che non sarebbe neanche male se solo tale scelta avesse un senso critico e morale (viene da pensare ai risultati ottenuti dagli ultimi film di Brian De Palma). E soprattutto, se solo facesse paura. Perché il principale problema del film è questo: non spaventa né inquieta nemmeno un minuto. Inoltre, compie il sacrilegio di asservire l’iconica figura del killer all’ennesimo messaggio politico (sempre lo stesso, veicolato tra l’altro in maniera particolarmente grossolana), di fatto fraintendendola e azzerandone ogni attrattiva. Lo splatter poi, che poteva essere l’ultima e unica ancora di salvezza, risulta invece tremendamente addomesticato. Cosa salvare?
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